Furie rosse e Orange: domina il rosso, il calcio che fa sangue e spettacolo. Eccola la finale, meravigliosa sorpresa del mondiale dell’Africa. Il tempo non è passato. Spagna e Germania ci avevano lasciato con il solitario gol del Niño Torres nella finale europea. E ieri ci hanno riportato allo stesso racconto: stavolta è toccato al vecchione. Un mondiale (vabbè per ora una semifinale) finito sulla testa di un difensore, alla faccia di nani e ballerini che se la tirano là davanti. Carles Puyol Saforcada, capitano di lungo corso, il re della Catalogna, l’anima del Barcellona che la fa da padrona anche in questa nazionale, ha mandato all’aria la «M generation» tedesca.
Ozil e Klose si sono sbattuti ma sono stati abbattuti. I mastodonti tedeschi si sono afflosciati come elefanti stanchi. La Germania ha perso la via del gol, dopo averne rifilati in quantità industriale. Si, è vero, un po’ se la sono tirata. Il rango e altro gli hanno permesso di darsi qualche aria di troppo. Tutto inutile. Chissà cosa dirà la Merkel che aveva previsto un 2-1 tedesco? La Spagna è stata una macchina da guerra, non da gol. Bella e furiosa. Forse lo voleva proprio il calcio che arrivasse alla prima finale della sua storia. Ha vinto giocando meglio, per chi guarda l’estetica. Ci sarebbe da discutere sulla concretezza. Ha vinto tre volte per 1-0(Portogallo, Paraguay, Germania): vorrà dire qualcosa.
Il fantasma del passato ha imperversato: fastidioso più che malinconico. Vi eravate divertiti due anni fa? Bene adesso scordatevelo. Che altro pensare volessero dirci quelle due squadre piantate nella convinzione di un loro gioco e di una tattica che doveva pagare: possesso palla spagnolo e guardinga attesa tedesca. Bella la Spagna, imponente la panzer division. Partita di scacchi, sì uno di quei inesorabili, memorabili face to face nel cercare l’errore altrui. L’assenza (prevista) di Thomas Muller da una parte e quella (a sorpresa) di Fernando Torres dall’altra hanno fatto peso, ma probabilmente in modo direttamente proporzionale al mondiale fin qui disputato dai due personaggi. Muller poteva rendere tutto più pericoloso. Torres non ha trovato sostituto che rendesse più preoccupante la manovra spagnola. I cultori del calcio perfetto avranno trovato intrigante il primo tempo della partita: ad un errore degli uni corrispondeva azione uguale e contraria per far danno.
Ma al tirar delle somme, emozioni poche, tiri in porta scarsini, un solitario invasore di campo (l’italiano pro-Cassano) ha fatto folklore, dopo tre minuti, finché due energumeni non se lo sono portati via e auguri per i lividi. Bravi i portieri, più degli attaccanti: Neuer, dopo sette minuti, ha anestetizzato una infiltrazione di Villa. E si è ripetuto nella ripresa davanti ad una conclusione di Pedro. Casillas ha evitato grane e addormentato la bontà del sinistro di Trochowski, il sostituto di Muller. Per trequarti d’ora la partita è stata come una di quelle cantilene arabe che rischiano di metterti l’angoscia. Il risveglio della ripresa è stato figlio dell’orchestra spagnola.
La Germania si è limitata al controcanto. Il centrocampo spagnolo ha nuovamente mostrato il meglio del repertorio: Xabi Alonso gigantesco, ha sganciato un paio di aperture che solo Luis Suarez... quello vero, cioè il Luisito spagnolo. E in più ha rifilato conclusioni da metter i brividi a tutta la gente tedesca. Iniesta è stato il solito, inafferrabile percussore: senza mai trovare qualcuno che appoggiasse tutta la sua lena. Insomma il frullato spagnolo non era male, peccato mancasse il sapore. E i tedeschi se lo sono bevuto mostrando i muscoli. C’era Schweinsteiner che teneva d’occhio tutti e Lahm che raramente molava la sua zona. Segnali di attenzione e tensione. Ma poi? Poca spinta, tanta lena, Germania in agguato cercando il contropiede sempre portato da almeno due uomini. Ozil bellino, ma solo frizzante, non più spumeggiante. Anche se vederlo accelerare, è sempre spettacolo da calcio enfant prodige.
I tedeschi hanno cercato di attrarre i peperini spagnoli nella rete. E quelli ci sono andati, ma ne sono usciti spesso con più agilità del polpo Paul, il dodicesimo “uomo” fuori campo, quello destinato a imbroccare il pronostico: un mollusco vabbè, come non se ne sono visti in campo. Ma ci ha visto bene anche stavolta. Ecco, partita di uomini, di atleti e di portieri. Neuer ha fatto il polpo per rendere innocue le raffiche di Pedrito, il bomberino del Barcellona che, nel secondo tempo, ha cominciato un tiro a segno personale. Ma sono stati più errori che coltellate. Sergio Ramos ha provato con la tattica del rigore: entro e svengo. Non è servito. Casillas ha tenuto in alto gli animi, togliendo dal gol una conclusione di Kroost, un altro bel sangue blu della «M generation».
E, allora, il bello e impossibile della partita lo ha raccontato il gol di Puyol: fra tanti fenomeni e fenomenini dell’attacco, la rete decisiva è arrivata dalla testolona riccioluta di un difensore. Puyol ci ha provato ad inizio partita, ma poi si è capito che era soltanto una prova generale.
Presa la misura, è stato implacabile: mucchio selvaggio e lui, arrivando quasi dal polo nord, ha incorniciato il colpo di testa e il gol della sua vita. E ha dimostrato che i grandi vecchi(non dimenticate il ct Del Bosque) non tradiscono mai.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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