Milano - Eh si, è proprio un bel «colpo d’occhio». Bella, solare, sensuale anche quando gira per casa in tuta, e ti racconta che sì, ha deciso di tornare in pasto al pubblico. Ma non con un programmino televisivo, eh no, se una ha deciso di abbandonare il firmamento televisivo al culmine della carriera (5 anni di Buona Domenica, dal ’96 al 2001) mica può ricomparire dopo anni lì dove ha lasciato. Bisogna svoltare. E cosa c’è di meglio che debuttare al cinema: un sogno che resta tale per tanti divetti del piccolo schermo? Dunque, Paola Barale la si vedrà a fine marzo (dal 21) nel film Colpo d’occhio, appunto. E non con un regista qualsiasi, ma con Sergio Rubini, che ne è anche protagonista. Altri interpreti: Riccardo Scamarcio e Vittoria Puccini. È un thriller ambientato nel mondo dell’arte: un triangolo amoroso in cui un cinquantenne critico d’arte cerca di vendicarsi di due giovani amanti.
Allora, Paola, riappare dalla porta principale.
«Ma no, è un rientro in punta di piedi, partendo da zero. Avevo voglia di fare qualcosa di nuovo, di vedere se ne ero capace, di sfidare me stessa in un terreno mai provato».
Be’, non capita a tutti di far parte di un cast di Rubini.
«È stato lui a cercarmi: mi aveva notata nel mio cortometraggio, Broadcast, regia di Laura Chiossone in cui interpretavo una donna imbruttita e malata: mi è piaciuto girarlo e ho vinto pure dei premi».
E si è piaciuta sul set?
«Difficile giudicarsi, attenderò il responso del pubblico. So di aver lavorato con molta disinvoltura e penso e spero di aver risposto a quanto mi era stato richiesto».
Non è però la protagonista del film.
«È un ruolo importante e va benissimo così, anzi, che potrei chiedere di più?»
Con questo film, si è aperta una nuova stagione nella vita di Paola Barale?
«Sì, mi piacerebbe che fosse così. Mi ci riconosco. Ma non è che chiamarsi Barale ti apra tutte le porte. Vado in giro, come tutti gli artisti, a fare provini: mi hanno scartato in cinque o sei. O non andavo bene o non ero adatta al ruolo. Ma non me ne faccio un cruccio: sono agli inizi, sono inesperta, adoro l’adrenalina di rimettermi in gioco, mi sembra di tornare agli inizi della carriera».
L’ultima sua Buona Domenica risale al 2001. Poi qualche comparsata. Ora si rilancia: si è stancata di viaggiare, fotografare, creare gioielli, vivere assaporando la vita?
«Ma io non ho mai smesso di lavorare. Ho solo deciso di non fare più quel genere di televisione: mi proponevano sempre gli stessi programmi, così ho detto basta. E ho cominciato a fare altro, prima di tutto godermi la vita, in attesa di trovare una strada in cui riconoscermi».
Il suo è stato coraggio o snobismo?
«Nessuno dei due. So bene che ho potuto fare queste scelte perché avevo la solidità economica ottenuta grazie alla Tv e quindi quando hai i soldi la parola coraggio non va pronunciata. Però non è neppure snobismo: non ho mai rinnegato nulla di quanto fatto né me ne sono mai vergognata. Ho detto di no a contratti molto vantaggiosi economicamente ma conosco il peso di quei no».
Tornerebbe in Tv?
«In un progetto in cui mi riconosco sì, magari qualcosa di sperimentale. Vedo tanta Tv vecchia in giro. Ho provato anche a proporre progetti ideati da me, ma nessuno li ha voluti».
Bè il film sui viaggi con il suo compagno Raz Degan non è che sia stato così apprezzato dal pubblico...
«È stato programmato male: è andato in onda a fine agosto (su Italia Uno)».
Due settimane fa l’abbiamo vista a Domenica In, non proprio una trasmissione all’avanguardia...
«Baudo mi ha chiamato per una sola puntata. È stato molto divertente, lui è un maestro e da quelli come lui c’è sempre da imparare».
Con chi le piacerebbe lavorare e c’è qualcosa che le piace di questa Tv?
«Ovviamente con Fiorello. Mi piace molto Markette ma non saprei condurre uno show così. E poi vedo Alle Falde del kilimangiaro, ti fa conoscere posti bellissimi».
In questi anni è riuscita a tenersi lontana dal gossip e dalle copertine scandalistiche, grazie anche alla stabilità della relazione con Degan...
«Odio il gossip, non sopportavo quando sbattevano sui giornali dicerie su di me. E penso che sia ingiusta l’idea che se uno fa un mestiere pubblico come l’attore allora debba accettare interferenze nella sua vita privata».
Intanto lui entra nella stanza, che più che un soggiorno sembra uno spazio teatrale, larghi divani, oggetti etnici, cuscini ovunque, una Harley Davidson vicino alla vetrata, la palestra nell’altro angolo, i premi nascosti dietro ai mobili, e, pavoneggiandosi in una giacca tutta pelosa, dice:
«Ti piace, esco così?». «Sì, ma quella è mia...» risponde lei. Vita di due artisti, una casa-studio enorme che non sta a Brera, ma in fondo ai Navigli milanesi, tra caseggiati popolari. Snobismo o praticità? «La seconda».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.