Una barzelletta da caserma. E l'opposizione si scatena

Spunta in video girato ai tempi del G8 a L'Aquila. La storiella sulla Bindi si chiude con una bestemmia. Dimissioni? No, si confessi

Un caso di Stato per una barzelletta da caserma. Un putiferio per una caduta di stile. Una mezza crisi istituzionale per una risata - volgarotta anzichenò - strappata da una storiella con bestemmia finale. Certo, non proprio un esempio di esprit de finesse. Tanto più in bocca a uno statista, al capo del governo, alla quarta carica dello Stato. Tutto vero, urge cospargersi di cenere. Però: che peso. E che predicozzi...

Siamo in Abruzzo, oltre un anno fa, dopo il terremoto e prima del G8. Berlusconi è lì per uno dei suoi sopralluoghi e, a fine giornata, contornato da militari della Guardia di Finanza, si lascia andare alla solita barzelletta scacciatensioni, peraltro già nota. Ad una festa da ballo sono le dame a invitare i cavalieri presentandosi con il nome di un fiore. Se l’uomo accetta di ballare deve ripeterlo al maschile. Arriva la prima, gigioneggia Berlusconi, e si presenta come «Margherita» a un uomo che accetta pronunciando «Margherito». La seconda è «Rosa», e inizia a volteggiare con «Roso». Infine si fa avanti Rosy Bindi, un po’ coperta nell’ombra, e si palesa come «Orchidea». Ma quando l’uomo la vede da vicino si scansa inorridito replicando «Orcod...». Insomma, un bestemmione deplorevole. Una battutaccia triviale. Che, ripresa da un telefonino «traditore», è rispuntata ieri nel video pubblicato dal sito dell’Espresso, mandata in rete per bissare il successo di un altro video diffuso da Repubblica.it contenente lo sfogo contro i magistrati e un’altra barzelletta sugli ebrei, della sera del 29 settembre.

Ma è quella su Rosy Bindi a far stracciare le vesti a mezzo Parlamento. Le richieste di dimissioni si sprecano: la presidente del Pd non si accontenta delle scuse per sé e «per tutti i credenti» perché ha deciso che il Cavaliere è «indegno di governare questo Paese e se ne deve andare a casa». Analoga lezione di dignità e bon ton arriva da un Bersani incredulo che «una persona capace di simili volgarità possa governare un Paese come il nostro», lui che solo qualche mese fa diede della «rompicoglioni» al ministro Gelmini. Ma si sa, la memoria non è mai bipartisan.

Tuttavia, quella del premier è stata una scivolata. Alla quale vanno però concesse le attenuanti del contesto cameratesco, di un cedimento alla voglia di farsi una risata magari per stemperare la tensione di una giornata o l’ansia da vigilia del G8. Berlusconi non lo si scopre oggi. È universalmente noto che, pur di strappare una risata, pur di mettersi al centro della scena, è pronto a smettere i panni del primo ministro e a indossare quelli dello showman con il suo umorismo da anni ’60. Il divertimento dei presenti lo appaga. Carlo D’Amicis ci ha persino scritto un libro intitolato La battuta perfetta. Non era certo perfetta quella sparata a L’Aquila. Diciamo, una battuta venuta male, malissimo. In un certo senso, lo ammette lo stesso Berlusconi: «È una storiella circolata un anno fa in tutto il Parlamento. Averla raccontata, in privato, non è né un’offesa né un peccato, è solo una risata. Mi spiace solo se qualcuno nella sua sensibilità si sia sentito turbato», acconsente il premier, «ma non ci credo.

È soltanto un pretesto per attacchi strumentali e ipocriti». Pur d’indebolire il premier ogni spunto è buono. Le reazioni scandalizzate e le dichiarazioni orripilate sono andate avanti tutto il giorno: Berlusconi è indegno, Berlusconi si dimetta...
Al massimo, si confessi.

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