Tutti assolti, il fatto non sussiste, di che stiamo parlando? Con un’altra delle sue sentenze ineccepibili, come si ama dire «in linea di principio», la giustizia italiana mette una pietra sopra la storia di Basiglio. La preside, le maestre, lo psicologo, l’assistente sociale: ci hanno lavorato sopra in cinque, ma nessuno ha commesso errori. Nessuna falsa testimonianza, nessuna omissione, niente di cui pentirsi. E allora, siccome i bravi cittadini devono sempre prendere per buone - meglio: per sacre - le sentenze dei tribunali, dobbiamo solo registrare con atteggiamento notarile quanto segue: due ragazzini di 9 e di 13 anni sono finiti per due mesi in un incubo terrificante, che non li lascerà fino alla fine dei loro giorni, senza colpe di nessuno.
C’era quel disegno allarmante sotto al banco della bambina, c’era la didascalia che parlava di rapporti sessuali a pagamento con il fratello, c’erano tutti gli elementi per allertare il delicatissimo sistema di protezione e di garanzia, quel sofisticato apparato di indagini e di colloqui molto discreti che devono sempre avere al centro il bene dei bambini. E come no. I bambini li mettiamo sempre al centro: negli asili, nelle scuole, negli ospedali, ma poi finisce che devono un attimo mettersi da parte, sullo sfondo, perché noi dobbiamo lavorare e loro devono avere l’accortezza di lasciarci lavorare, ovviamente per il bene loro.
Per il bene loro, i fratellini di Basiglio vengono allontanati dai genitori. Due mesi che possiamo solo immaginare, ma che possiamo immaginare piuttosto bene, se ancora abbiamo questo genere d’immaginazione semplicemente umana, comunemente definita sensibilità. Temono di non rivedere più la mamma e il papà, temono di finire in un’altra famiglia, temono il buio e la disperazione. Due mesi. Già sarebbero tanti due minuti, in questo gelido senso di abbandono. Ma loro devono goderseli senza possibilità di fare nulla: piccoli, non potete capire, i grandi stanno lavorando e fanno tutto per il vostro bene...
E pazienza se una compagna di classe, già pochi giorni dopo, ammette tranquillamente d’aver disegnato lei la porcellata. Bambini, non è semplice come pensate: la giustizia mette al centro la vostra serenità, vuole andarci cauta, deve essere certa che tutto sia davvero a posto. E poi, santa pazienza: il mondo dei grandi ha le sue regole, le sue procedure, le sue norme di garanzia. Voi state tranquilli qui, lontani da mamma e papà, quando sarà il momento giusto lo decideremo noi. Siamo qui apposta, ci hanno incaricati della vostra tutela. Per noi, la vostra tutela è sacra e inviolabile.
Mentre là fuori tutti si fanno in quattro per tutelarli, i due fratellini vivono ore di angoscia che nessuno medicherà più. Già si certifica come il più grande evidenzi segnali preoccupanti. Ma che vogliamo fare, che vogliamo dire: sono i danni collaterali. Sulla quantità, può scapparci una svista, un difetto di comunicazione, una divergenza di valutazioni. Diamine, stiamo lavorando, nessuno qui si diverte a prendere certe decisioni. C’è di mezzo il bene dei bambini.
Proprio quei due bambini che intanto vivono lontani dalla loro casa, dalla loro famiglia, dalle loro certezze. E ti pare poco? Poco o tanto che sia, la corte decide: tutti assolti, il fatto non sussiste, ognuno torni al suo posto e facciamo finta che non sia successo niente.
In fondo, che cos’è successo? All’epoca, come nel lieto fine, la situazione s’era poi chiarita e i fratellini erano tornati a casa. Che saranno mai due mesi? Ha voglia, adesso, la mamma di dire cose forti: «Hanno rovinato due bambini. Provo schifo». Ma in nome del popolo italiano, i tribunali mettono in conto anche questo: il normale e inevitabile sfogo di una mamma. Le mamme sono tutte uguali, non si può chiedere loro di capire il rigore della legge e le supreme esigenze della tutela minorile.
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