Basilea 3, regole più «soft»: decollano i titoli bancari

Una picconata alle fondamenta di Basilea III, ovvero alla riforma con cui si punta a solidificare il sistema bancario mondiale sottraendolo, a colpi di misure stringenti sulla struttura patrimoniale, al rischio di crisi sistemiche. Sarebbero contenute in un progetto di legge voluminoso quanto l’Ulisse di Joyce (ben 500 pagine) le modifiche alla terza «rivoluzione» creditizia che prenderà le mosse nel gennaio 2013, ma diventerà operativa a tutti gli effetti solo nel 2019. Riportata ieri mattina dal Financial Times, l’indiscrezione è stata seccamente smentita nel pomeriggio dal commissario europeo al Mercato interno, Michel Barnier («la riforma sarà attuata senza sconti»), ma ciò non ha impedito ai titoli bancari di chiudere la seduta con rialzi corposi.
In effetti, alcuni istituti trarrebbero evidenti vantaggi dalla revisione prospettata dalla bozza di modifica, il cui obiettivo sembra proprio quello di alleggerire i vincoli imposti dagli accordi di Basilea III. In due modi: agendo da un lato su una maggiore valutazione del capitale delle assicurazioni controllate dalle banche; dall’altro, consentendo agli istituti di proseguire nell’emissione di capitale ibrido, ad esempio preference shares, per un periodo più lungo rispetto a quello stabilito. Con Basilea 3, l’uso di capitale ibrido (per esempio aumenti di capitale con incorporato un bond offerto a condizioni particolari) e di debito subordinato viene invece severamente limitato rispetto al modello attuale, in cui il patrimonio di vigilanza può essere composto al minimo da un 2% di capitale azionario, un 2% di capitale ibrido e un 4% di debito subordinato. Fonti comunitarie hanno indicato che per il capitale ibrido sarà previsto un periodo di transizione di 10 anni, durante il quale il suo peso dovrà diminuire.
Le vecchie regole varranno fino a quando la Commissione renderà pubbliche le proposte di attuazione di Basilea e non da quando il consiglio prenderà la decisione finale.
L’orientamento meno restrittivo prospettato favorirebbe «in modo spropositato», spiega il FT, le francesi Société Générale e Bnp Paribas e la britannica Lloyds, a cui fanno capo compagnie assicurative. Ma anche Mediobanca godrebbe di indubbi benefici, come dimostra il rialzo messo a segno ieri dal titolo (+2%). Piazzetta Cuccia potrebbe, infatti, dedurre dal capitale circa 300 punti base grazie alla quota (13,3%) posseduta nelle Generali. Anche Unicredit (+1,97%) sarebbe tra le banche favorite dai nuovi meccanismi in quanto potrebbe conteggiare nel Core Tier 1 (la «zona» in cui vengono collocati gli asset più solidi) il capitale ibrido legato al prestito «cashes» da 3 miliardi emesso nel 2009.


L’Abi, attraverso il direttore generale Giovanni Sabatini, ha intanto colto l’occasione offerta dai rumor sulla «rivisitazione» dei principi-cardine della riforma per ricordare che «nessuno mette in dubbio la necessità di rafforzamento del capitale come le banche italiane hanno iniziato a fare, né di regole che aumentino la stabilità e riducano il rischio, ma c’è un problema di valutazione di impatto su cui anche la Federazione bancaria europea è d’accordo».

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