Basta aziende tutte al maschile la Francia pensa alle quote rosa

ESEMPI L’obiettivo è imitare il modello norvegese: in sei anni c’è stata una rivoluzione

Lo chiamano il «modello norvegese». Quello che a Oslo sono riusciti a realizzare in sei anni, a colpi di legge e rigore: le quote rosa nei consigli d’amministrazione delle società quotate in Borsa. Almeno il 40 per cento di donne, accanto ai soliti maschi manager. È il modello che fa invidia anche a Spagna e Francia. Madrid ci prova, invitando le aziende a raggiungere l’obiettivo entro il 2015. Ma, appunto, è un invito, non un obbligo vero: così che la strada appare ancora più in salita del previsto. Perché se le aziende hanno fatto resistenza in Norvegia, figuriamoci in Spagna che cosa succederà, senza imposizioni.
Ci vuole provare, ora, pure la Francia. Tutto nasce da un rapporto sull’uguaglianza nel mondo del lavoro presentato da Brigitte Grésy, ispettore generale degli affari sociali, al ministro del Lavoro Xavier Darcos. Grésy si è accorta che i numeri dell’indagine sono sconfortanti: nei consigli d’amministrazione delle cinquecento aziende principali di Francia le donne sono soltanto l’8 per cento. E il 60 per cento di queste grandi imprese ha consiglieri esclusivamente di sesso maschile. Insomma una disfatta, o quasi. In Italia va anche peggio, le donne ai vertici sono il 2,1 per cento. E ancora peggio fa il Portogallo, con appena l’1 per cento.
Ma l’ispettore Grésy guarda nel suo cortile, e i numeri non le sono andati giù. Così ha subito avanzato la sua proposta: copiamo dalla Norvegia, per le società quotate e le imprese pubbliche. A Oslo erano anche più indietro: nel 2003, quando la legge fu introdotta, la percentuale di dirigenti femminili era del 6 per cento. Ma in sei anni la rivoluzione s’è compiuta: oggi le norvegesi rappresentano il 44 per cento dei componenti dei consigli d’amministrazione, una quota rosa da record. È nato anche un nomignolo nuovo: golden skirt, le gonnelle d’oro, cioè le supermanager che occupano più posizioni nei board delle grandi società. Perché si sono moltiplicate le percentuali, ma le manager non spuntano dal nulla: quindi può succedere che i nomi si ripetano, in diverse aziende. C’è questa pecca ma comunque per ora nessuno, al mondo, riesce a fare di meglio. Certo il governo ha usato qualche incentivo, tipo la minaccia di chiudere le aziende che non avessero rispettato la normativa. Tutto sta a capire quanto i francesi siano determinati nel raggiungere l’obiettivo. Sarkozy d’altronde si prepara alla concertazione sull’uguaglianza professionale in autunno e la presenza femminile in ruoli imprenditoriali di comando non può essere ignorata.

Anzi, il «soffitto di vetro», l’ostacolo verso l’alto che le donne incontrano in azienda è la chiave di volta della questione, della nuova égalité, quella sui luoghi di lavoro. Ma la Norvegia insegna che non basta la buona volontà, e nemmeno le buone intenzioni: servono le maniere forti.

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