«Basta ballare in tv». E la baby star si uccide

Mecca dei reality show indiani, degli eccessi di Bollywood e dei clan mafiosi più spregiudicati del subcontinente, Bombay oggi è sotto choc per una serie di suicidi a catena tra minorenni che ha riacceso le polemiche sulla partecipazione dei bambini a spettacoli televisivi.
Il primo caso è quello della piccola Neha Sawant, appena undici anni ed era già una piccola star. I vicini di casa l’hanno trovata impiccata al ventilatore da soffitto della sua stanza, sabato scorso. Nessun biglietto d’addio o un indizio che potesse spiegare il suo gesto.
La polizia non si è ancora pronunciata, ma i quotidiani nazionali hanno già avanzato ipotesi: il movente del suicidio sarebbe la decisione della famiglia di allontanarla dall’accademia di danza dove studiava con il sogno del palcoscenico televisivo.
Nel quartiere, Neha si era conquistata una discreta fama per aver partecipato ad alcuni reality show, tra cui il celebre Boogie Woogie. Qui ha fatto la sua ultima apparizione televisiva nel gennaio 2009, ma il suo gruppo è stato eliminato dalla giuria. «Ha partecipato a un’altra audizione tv a marzo – riferisce l’ispettore Divekar – e poi i genitori hanno scelto di interrompere le sue performance perché si dedicasse allo studio». In un primo momento la mamma, insegnante, e il papà, impiegato in una ditta privata, hanno confermato che il divieto di ballare imposto alla figlia potesse essere la ragione del suo suicidio. A distanza di poche ore, però, hanno ritrattato. Hanno spiegato di essere convinti che la piccola Neha soffrisse di «disturbi emotivi legati alla pubertà».
La polizia rimane cauta, ma il Paese ha già trovato il responsabile di questa giovane morte: il sistema televisivo e gli show che senza freni né regole sfruttano i bambini e le giovani generazioni. Il dibattito è aperto: da oltre un anno si aspetta che la Commissione nazionale indiana per i diritti dei minori fissi il tetto di età per partecipare a programmi televisivi. La proposta è quella di vietare la competizione nei reality show ai giovani al di sotto dei 16 anni, ma finora non si è vista neppure l’ombra di una direttiva. Così in India, le code interminabili per i provini di spettacoli popolari come Chak de Bachche, SaReGaMa o War Parivaar, sono piene di bambini pronti a tutto pur di conquistare il loro sogno: partire dalla televisione per poi approdare ai fasti e alla celebrità dell’ormai internazionale cinema di Bollywood.
Gli interessi in gioco non sono da sottovalutare. Le competizioni canore e di danza in televisione riscuotono un crescente consenso di pubblico, tanto che in prima serata battono anche le più seguite soap opera. Oggi in India vanno in onda cinque spettacoli musicali e di ballo in hindi, mentre non si contano quelli nei principali idiomi locali (bengali, marathi e malayam). I programmi che hanno come protagonisti i più piccoli, inoltre, sono un boccone appetitoso per gli inserzionisti pubblicitari e quindi buone fonti di entrate per le emittenti. Lo spiegano gli esperti: i bambini influenzano sempre più i consumi dei loro genitori e le scelte dei loro acquisti.
E c’è anche chi, come l’attivista per i diritti dei minorenni Vanita Markandaya, punta il dito proprio contro la famiglia: «Attratti da guadagni facili, i genitori spingono i figli a un duro allenamento per passare le selezioni oppure, dopo un fugace tentativo, decidono di ritirarli dalla gara.

Entrambi i casi possono generare depressione e quindi il suicido».
Dopo Neha la polizia ha trovato i corpi di due studenti impiccati: Sushant Patil, 12 anni, e Bhajanpreet Kaur, di 18. E ora a Bombay si parla già del triste fenomeno come di un urgente problema di salute pubblica.

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