«Basta mostre, il sindaco investa altrove»

Silvia Marchetti

Il sindaco di Roma dovrebbe pensare a «investire nelle infrastrutture culturali» piuttosto che inaugurare mostre «interessate». Parola dell’Economist, l’autorevole settimanale britannico che in passato non ha certo lesinato critiche all’Italia. Ma mai prima d’ora aveva preso di mira il «modello Veltroni» nell’aspetto che più sta a cuore al sindaco: mostre e cultura. A stupire maggiormente, infatti, è che se ne occupi (e in maniera non proprio positiva) un periodico con una visione internazionale.
Nel numero di questa settimana si parla del circuito romano dell’arte contemporanea e della mostra recentemente inaugurata presso l’Aranciera di Villa Borghese con le opere che Carlo Bilotti, collezionista italiano residente in Florida e magnate di profumi, ha donato a Roma «come tributo al suo grande amico Walter». Ben diciannove capolavori del surrealista Giorgio de Chirico, insieme ad alcune opere di Andy Warhol e Giacomo Manzù. Un’esposizione che secondo l’Economist sarebbe emblematica di quegli strani rapporti affaristici che spesso intercorrono in Italia tra il potere locale e i grandi mecenati. «Aprire un museo d’arte - si legge - vuole dire negoziare con l’amministrazione pubblica della città. Alla fine, non si sa a chi convenga di più, se al sindaco o al collezionista».
Eh già, perché in effetti entrambi ci avrebbero guadagnato. Oggi, Carlo Bilotti ha un museo pubblico che porta il suo nome e per giunta nella capitale, il che non è di poco conto («Gli artisti amano esporre a Roma», afferma); mentre il sindaco, da parte sua, può vantare a fini elettorali il merito di aver portato in città altra arte contemporanea dilettandosi in ciò che gli riesce meglio, ossia tagliare nastri, specie se «culturali». Insomma, uno scambio coi fiocchi, che ha reso tutti felici. Come si legge sul sito istituzionale del Campidoglio: «Il progetto del museo, frutto della collaborazione tra il Comune di Roma e il generoso quanto appassionato collezionista Carlo Bilotti, ha cambiato radicalmente l’aspetto della storica Aranciera e si inserisce nel rinnovato interesse per l’arte contemporanea, che a Roma già gode di un circuito vivace e prestigioso e che ora avrà un luogo ulteriore di incontro e sperimentazione». Ma queste collezioni rimangono pur sempre private, anche se donate «generosamente». Insomma, nulla viene fatto gratis, come ci ricorda l’Economist: «È difficile ignorare il profumo di interessi personali che circonda sia il benefattore che il sindaco». Ma soprattutto, questo tipo di «affari» non rappresenta la panacea di cui ha bisogno Roma per rilanciare il turismo e rafforzare la sua vocazione artistica.

L’articolo termina infatti con un consiglio a Veltroni, il quale «invece di inaugurare nuove e improvvise esposizioni, dovrebbe preoccuparsi di investire nelle infrastrutture culturali». Cioè, nella valorizzazione del patrimonio artistico esistente e nella rete dei servizi turistici, che come in tutta Italia necessita di qualche ritocchino.

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