
Uno degli sport preferiti della sinistra italiana è la ricerca sempiterna di nuovi leader. Che poi leader non sono, ma più che altro feticci, figurine di un album Panini dell'immaginario progressista che scadono più velocemente di quelle del campionato di calcio e sono soggette a tumultuosi scambi e contrabbandi ideologici. L'ultima stella sorta nel firmamento radical, e già pronta alla caduta, è nientepopodimeno che Dario Costa, nome che probabilmente non vi dice nulla, ma siamo sicuri che tra poco vi dirà qualcosa. Trattasi di un ventunenne siciliano, studente fuori sede a Bologna, asceso agli onori della cronaca grazie a un video di 5 secondi 5 contro il ponte sullo stretto, inteso come protesi del nemico atavico e antropologico Matteo Salvini. Lo studente, intervistato da un'emittente locale durante un corteo No Ponte, in evidente stato di collera - viso paonazzo e vene pulsanti sul collo - dall'alto di non si sa quale competenza tecnico giuridica (studia psicologia, si direbbe più per se stesso che per il prossimo) bercia contro l'opera definendola «criminale».
È talmente esagitato e sopra le righe che Salvini riposta il video, con i risultati che tutti noi possiamo immaginare facilmente. Tutti meno che uno: il giovane sciamannato controreplica con un video da Dottor Jekyll e Mister Hyde: seduto davanti a una telecamera, sfondo di casa borghese, camicetta ben stirata, legge un discorsetto di quattro lunghissimi minuti quattro nel quale con tono urticante e saccente sostiene di essere stato bullizzato da Salvini. E, tra le altre cose, dice di non far parte di alcuna associazione contro l'infrastruttura e di alcun gruppo politico. Allora, repentinamente, ci è tutto chiaro: non è un No Ponte, non ha alcuna idea politica, dunque fa casino solo per il gusto di fare casino. E adesso sì che la questione appare in tutto il suo nitore: Dario è l'uomo perfetto per sedurre la sinistra in un deserto agostano dove le leadership progressiste appaiono e svaniscono come le oasi per i viaggiatori. E, difatti, sono subito fioccate le interviste della stampa d'area che lo ha velocemente apparecchiato come un novello eroe della resistenza. Ma sono innamoramenti fuggitivi, come le cotte balneari degli adolescenti all'ombra delle cabine. Dario non è la prima e non sarà neppure l'ultima infatuazione di una sinistra che perde facilmente testa e cuore per volti sconosciuti e vip che incrociano, anche incidentalmente, la sua rotta.
Lo scorso aprile l'eroina del mese è stata Lorenza Roiati, la fornaia antifascista di Ascoli Piceno che aveva esposto lo striscione sulla «resistenza buona come il pane». Idolatrata per una decina di giorni e subitaneamente archiviata. A febbraio il percorso di mitopoiesi era toccato a Emma Ruzzon, rappresentante degli studenti dell'Università di Padova che durante il discorso di inizio anno si era tolta la camicetta come gesto simbolico «contro le camice nere» (sic). Celeberrimo il caso di Marco Vizzardelli, il loggionista che nel 2023 si guadagnò la fama sbraitando «Viva l'Italia antifascista» alla prima della Scala di Milano.
Percorso simile, ma leggermente più articolato, per la sardina Mattia Santori: lo trattavano come un Obama alla bolognese e poi si è arenato in consiglio comunale, dimenticato dalle élite rosse.
E poi la schiera infinita di vip e vippastri che sono stati intruppati, volontariamente o meno, nella galassia delle contestazioni: dal Richard Gere in versione scafista e gentiluomo, al rapper Ghali contro Israele, da Elio Germano contro il ministro della Cultura ad Alessandro Gassman contro tutto: dai cassonetti dell'immondizia al caro spiagge, passando (sovente) per il buonsenso. E sono solo alcuni dei flirt ingaggiati dal mondo progressista. A giudicare dalla causalità viene un dubbio: ma non è che usano un Tinder radical chic?