"Bastava chiedere e la diretta tv l’avremmo fatta noi"

Il vicepresidente di Mediaset: "Peccato rinunciare alla cerimonia d’apertura. Su Baarìa mio padre ha ragione"

"Bastava chiedere e la diretta tv l’avremmo fatta noi"

Venezia - Alla fine, visto il clamore sui giornali, ci ha pensato Sky a mettere una toppa (interessata), salvando la Biennale dalla figuraccia. Sia pure in differita, alle 21 è andata in onda su SkyUno la cerimonia d’inaugurazione della 66ª Mostra. Immagini acquistate dal service European Broadcasting Union (Ebu): il minimo sindacale. E pensare che sarebbe bastato muoversi con un po’ d’anticipo per risolvere - meglio - la faccenda. Pier Silvio Berlusconi, volato al Lido per l’anteprima di Baarìa, era pronto a mobilitare Mediaset Premium: «Un peccato rinunciare alla diretta tv. Leggo sul Giornale che la Rai s’è tirata indietro. Ma l’avremmo fatta noi, se solo ce l’avessero chiesto».

Ha saputo che cosa dice Tornatore in merito alle dichiarazioni entusiastiche di suo padre su «Baarìa»? Ringrazia, tanto più provenendo da un uomo che in politica la pensa diversamente, ma le giudica un po’ «intempestive».
«Mio padre dice la verità. Questo film è un capolavoro, non si discute. L’ho seguito da vicino in questi mesi. Come editori siamo orgogliosi di averlo prodotto, di portare al grande pubblico un film di questo tipo».

Quanto all’uscita di suo padre...
«Ogni volta che papà parla, tutto si trasforma in politica. Ci sono abituato. Ha visto il film, gli è piaciuto, l’ha detto anche scherzandoci sopra. Dov’è lo scandalo?».

Lei vedrà la versione sottotitolata, girata in dialetto siciliano stretto. Forse la migliore. Tornatore accusa la Lega di fare «un uso razzista» della questione...
«L’Italia è una, la lingua deve essere una. Poi, vero, i dialetti vanno preservati, perché racchiudono tradizioni, storie, patrimoni culturali. Ma non a discapito della comprensione di un prodotto, che sia un film o altro. Non a caso Baarìa sarà distribuito anche in una versione doppiata».

Due dei film Medusa alla Mostra parlano della sinistra in modo affettuoso. «Baarìa» racconta di un giovane comunista deluso da Mosca ma fedele ai propri ideali. «Il grande sogno» è il Sessantotto visto da un celerino che lascia la divisa...
«E allora? Il Pci, le bandiere rosse, le manifestazioni non mi spaventano. Qualche tempo fa sono andato in un circolo Arci con Chiambretti, mi hanno trattato benissimo. Siamo abituati a valutare i progetti sul piano della qualità, le considerazioni politiche le lasciamo fuori dalla porta. Questi due film raccontano pezzi importanti della storia italiana. Era giusto produrli. Tutto qui».

Lei ama spesso ripetere che «Mediaset crede nel cinema italiano». Magari i Centoautori non saranno d’accordo...
«Confermo. E dò qualche dato. Mediaset investe ogni anno in fiction e acquisizione di film italiani 300 milioni di euro. Medusa, entrata in Mediaset insieme a Taodue, ne investe altri 65 in produzione e 18/20 in promozione. Mi sembrano fatti, no? Credo nel rapporto tra cinema e tv. Come Mediaset dobbiamo essere grati al cinema. D’altro canto, però, un film importante come Baarìa non sarebbe stato fatto senza l’impegno sostanzioso della nostra azienda».

Dica la verità: esaurito lo sfruttamento in sala, dove si vedrà «Baarìa», su Sky o su Mediaset Premium?
«Pensiamo di venderlo a chi lo vuole. Quindi anche a Sky, magari in contemporanea con Mediaset Premium. Non è questa l’occasione per parlarne, ma ci saranno presto molte sorprese sul fronte Premium. Più prodotto, più rubriche, più canali. Intanto domani sera (stasera per chi legge) manderemo in onda da qui cinque minuti di Baarìa. E ricordo che abbiamo l’esclusiva di tutti i film Warner, Universal e Medusa».

Come sta andando Mediaset Premium? A luglio sono scadute 2 milioni di tessere su un totale di 3 milioni e 600 mila.
«Mi permetta di non fornire cifre. Ma mi creda se le dico che le cose stanno andando molto, molto, molto bene».

Il cinema italiano che ama vedere. Qualche nome.
«Mi piacciono Tornatore, Salvatores, Muccino, Benigni (ma non tutti i suoi film). Anche Moccia. E i Vanzina sul piano della commedia. Poi ho una passione per la serie di Fantozzi: li conosco tutti a memoria».

Sta per passare alla Mostra «Videocracy», l’ormai famoso documentario che accusa la tv commerciale di aver

devastato l’Italia. Incuriosito?
«Non più di tanto. So che prova a svilire e distruggere, in modi faziosi, il ruolo svolto dalle tv in Italia. Non mi sorprende che la Rai abbia rifiutato di trasmettere i due spot».

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