Battaglia in Congo, l’Europa invia altri soldati

Dopo tre giorni di scontri, ieri sera l’Onu è riuscita a imporre una tregua. Nel contingente europeo anche 65 italiani

Fausto Biloslavo

Il Congo potrebbe ripiombare nell’incubo della guerra civile dopo tre giorni di sanguinosi scontri nella capitale, Kinshasa, fra la guardia presidenziale del capo di Stato Joseph Kabila e gli armati fedeli al suo vice Jean-Pierre Bemba. Il numero dei morti tra i militari e i civili è alto. Gli scontri sono iniziati domenica con l’annuncio dei risultati delle prime elezioni democratiche nell’ex Zaire dal 1961, sotto l’ombrello dell’Onu. I principali sfidanti erano proprio Kabila e Bemba. Il primo ha ottenuto il 44,81 per cento dei voti, ma si aspettava una vittoria al primo turno, mentre il secondo si è attestato poco oltre il 20%. Il problema è che si andrà al secondo turno elettorale il 29 ottobre e sembra che alcune frange della guardia presidenziale, fedele a Kabila, non abbiano gradito lo smacco. Bemba è un ex guerrigliero che combattè le truppe del clan Kabila nella sanguinosa guerra civile del 1998-2003 nel corso della quale i morti furono oltre un milione.
Il processo elettorale è stato reso possibile da 17mila caschi blu dell’Onu e da una missione di supporto dell’Unione Europea (Eufor), che impegna 2800 uomini. Al momento ne sono schierati a Kinshasa un migliaio e ieri ne sono arrivati altri 400 dal vicino Gabon, dove si trova anche un C 130 della nostra aeronautica militare. Alla missione partecipa un minicontingente italiano di 65 uomini fra personale dell’aeronautica, carabinieri e il comandante, il tenente colonnello dell’esercito Enzo Gasparini Casari.
Gli scontri più violenti si sono avuti lunedì, quando la guardia presidenziale ha attaccato la residenza di Bemba. All’interno dell’edificio era in corso una riunione con gli ambasciatori dei principali Paesi coinvolti nel processo di pace: Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Era presente anche il capo dei caschi blu in Congo, lo statunitense William Swing, che assieme agli altri ospiti è stato costretto a trovare riparo dalle cannonate nei sotterranei. Solo l’intervento delle truppe internazionali ha evitato il peggio.
Sull’origine degli scontri le due parti si rimpallano le responsabilità, ma l’Eufor ha deciso di far arrivare a Kinshasa i 400 soldati dal Gabon. Nella notte fra lunedì e martedì erano giunti all’aeroporto internazionale, chiuso a causa degli scontri, le avanguardie francesi, portoghesi e svedesi a bordo di elicotteri. Ieri è arrivato nella capitale il grosso dei rinforzi: tedeschi e olandesi. Le strade di Kinshasa sono semideserte e i caschi blu le pattugliano con la polizia, ma si sono visti in giro anche blindati leggeri dell’esercito congolese.
Le elezioni presidenziali e parlamentari si erano svolte il 30 luglio, in un clima di festa, con 16,9 milioni di congolesi che votavano per la prima volta negli ultimi 45 anni di guerre e dittature. Kabila è il figlio trentacinquenne di Laurent, il presidente giunto al potere con la forza e che nel 2001 venne ucciso da una sua guardia del corpo. Originario del Katanga, ha vissuto soprattutto all’estero studiando in Tanzania e in Uganda e venendo addestrato militarmente in Cina. Gode dell’appoggio della comunità internazionale, ma molti congolesi lo considerano uno «straniero». Nel Congo orientale è popolare, ma nella capitale non ha sfondato e molti voti sono andati a Bemba, suo unico vero sfidante su una trentina di candidati.
Bemba si è laureato in economia e finanza in Belgio. Con la caduta del dittatore Mobutu Sese Seko si era rifugiato all’estero per poi tornare fondando l’Mlc, un movimento guerrigliero appoggiato dall’esercito ugandese. Grazie alle zone diamantifere che è riuscito a occupare, ha finanziato l’avanzata e viene considerato una specie di erede di Mobutu.

Bemba fu il primo leader di un gruppo armato a firmare la pace con Kabila e nel 2003 entrò a far parte del governo di transizione.
Nella serata di ieri una fonte dell’Onu ha annunciato una tregua fra le due fazioni: «Bisognerà vedere - ha detto - se verrà presa seriamente oppure no».

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