«Per battere il terrorismo la sinistra deve superare ancora troppi pregiudizi»

Gentiloni (Margherita): «Altrimenti non riusciremo a vincere la sfida dei prossimi anni. La sicurezza? Diventi anche una nostra bandiera»

Laura Cesaretti

da Roma

«Di fronte alla sfida del terrorismo, il centrosinistra deve abbandonare ogni pregiudizio ideologico e dare il proprio sostegno a misure di prevenzione e repressione efficaci». Paolo Gentiloni, dirigente della Margherita e gran tessitore delle strategie rutelliane, è convinto che l’Unione di Romano Prodi debba fare propria una bandiera, quella della sicurezza, «che non può più essere bollata come “di destra”, perché ci riguarda tutti».
Onorevole Gentiloni, dopo la strage di Sharm el Sheikh, si manifesta una sorta di afflato unitario nelle reazioni dei due schieramenti. Ma al di là delle emozioni immediate cosa può venirne fuori?
«In Parlamento ci sarà sicuramente il nostro sostegno al pacchetto sicurezza, fatte salve eventuali possibilità di migliorarlo, e ci sarà un dialogo sul disegno di legge sulla Superprocura antiterrorismo. Confermeremo l’adesione già data dopo le dichiarazioni del ministro dell’Interno alle Camere».
Dalle ali estreme degli schieramenti però sono già scattati i riflessi pavloviani: la Lega invoca la libertà di pistola e la cacciata dei clandestini; la sinistra reclama il ritiro dall’Irak e il no alla collaborazione col governo...
«Il centrosinistra deve archiviare un’impostazione antica caratterizzata dalla diffidenza verso lo Stato, che finisce per spingere a reazioni contro le misure di prevenzione e repressione. Dobbiamo essere consapevoli che la sicurezza è un tema tutt’altro che di destra. Non possiamo permetterci di non essere credibili su questo terreno se si vuole la fiducia dei cittadini. È un tema decisivo, che segnerà gli anni a venire e che tocca direttamente i ceti medi, gli anziani, le fasce più deboli della società. Dobbiamo smetterla di chiederci se dare o no il nostro appoggio al governo per ragioni ideologiche o politiche. Se mai dobbiamo chiederci se il pacchetto Pisanu è sufficientemente efficace. Non se è troppo, insomma, ma se è troppo poco. E non dobbiamo aver paura, se del caso, di criticarlo perché non abbastanza incisivo».
Sta invocando un’Unione tutta law and order, onorevole Gentiloni?
«Ma no, la linea della faccia feroce contro gli immigrati o dell’inasprimento generico delle pene è inutilmente demagogica. Ma credo che la sinistra debba ancora superare molti pregiudizi per essere in grado di affrontare il problema di oggi e dei prossimi anni».
Si tratta di scelte difficili e complesse, come dimostra il caso dell’uomo ucciso a Londra perché scappava.
«Quell’episodio tragico ci fa capire il dramma che ci sta davanti: le regole della libertà sono alla prova quando c’è un clima di paura. Senza paura è molto facile difendere la libertà. E io temo che l’Italia sia impreparata, perché il bilancio di questo governo sui temi della sicurezza non è positivo. È uno dei terreni su cui sono state fatte più promesse e consegnate più delusioni agli elettori. Per questo dobbiamo farne la nostra bandiera se vogliamo essere una forza di governo. Quella che contesto è la linea di chi a sinistra dice “noi siamo quelli della libertà e della solidarietà, la difesa della sicurezza la lasciamo ad altri”».
E a chi reagisce alle stragi dicendo che bisogna andarsene subito dall’Irak cosa replica?
«Abbiamo sempre detto che la guerra in Irak era un errore, che era basata sul falso presupposto che servisse a combattere Al Qaida e il terrorismo. Si sta ottenendo l’effetto opposto, come ormai dicono anche gli analisti Usa, e in Irak si stanno addestrando le nuove leve del terrore. Ma da questo errore non si esce semplicemente annunciando un ritiro immediato e unilaterale: bisogna costruire una strategia graduale, d’intesa con gli alleati, e lavorare tutti alla stabilizzazione dell’Irak».
Il centrosinistra è in grado di elaborarla e sostenerla, una simile strategia?
«Credo che possa affrontare la sfida con altrettanta e forse maggiore credibilità della Casa delle libertà. Certo ora ci sono divisioni interne forti, anche se vedo passi avanti positivi dalla sinistra più radicale: Bertinotti ha detto con chiarezza che non è stata certo la guerra in Irak a scatenare il terrorismo, e che l’esser contrari all’intervento non giustifica alcun atteggiamento antiamericano.

Ma siamo di fronte ad una sfida del tutto nuova, ad una dimensione di conflitto permanente internazionale e anche interno, e il nodo politico sul come affrontarla è tutt’altro che sciolto. E non possiamo permetterci di non dare garanzie di credibilità, se vogliamo che i cittadini ci diano fiducia».

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