«Battete l’Austria o m’impicco». Ma non aspetta

La choccante morte di Ledwon, il nazionale polacco abbandonato dalla moglie e lasciato fuori dalla squadra

Il leone ha ruggito per l’ultima volta. Un ruggito carico di dolore e disperazione. Adam Ledwon, centrocampista polacco dell’Austria Carinzia, squadra della serie A austriaca - ha deciso di dire addio. Al calcio, alla famiglia, ai figli, alla moglie, agli amici. Alla vita.
L’ha fatto nella maniera più sconvolgente. Adam Ledwon è stato trovato morto mercoledì sera nella sua abitazione di Klagenfurt da un suo compagno di squadra. Impiccato. In un bigliettino trovato accanto al suo cadavere, Adam avrebbe spiegato i motivi del suo gesto. Forse, dopo diciotto partite e un gol con la nazionale polacca, aveva sperato fino all’ultimo in una chiamata dal ct Beenhakker. In una intervista rilasciata due giorni fa al sito sportivo web (www.weszlo.com) Ledwon, 34 anni, nato a Olesno in Polona e emigrato a otto anni prima in Germania e poi in Austria, aveva urlato che «se non vinceremo contro gli austriaci mi impiccherò veramente. Dovrete scrivere che mi sono impiccato su qualche lampione a Klagenfurt». Chissà. Forse, non sopportava l’allontanamento della moglie Mariola che da qualche mese era tornata a vivere in Polonia portandosi con sé anche i loro due figli. A degli amici avrebbe persino detto che avrebbe voluto impiccarsi perché la moglie lo aveva lasciato.
Secondo il tabloid austriaco Kronenzeitung, Ledwon, dopo la sconfitta della Polonia sulla Germania (2-0) si sarebbe trovato anche coinvolto in un tafferuglio con i tifosi nel centro di Klagenfurt. Stando al giornale, Ledwon si sarebbe dato malato lunedì mattina (era impegnato come commentatore per la tv polacca) e non sentendo nulla di lui per oltre un giorno, il compagno Patrick Wolk, il suo migliore amico, era andato a controllare nella sua casa. All’arrivo, la scoperta. Secondo un medico della polizia, il decesso risalirebbe a 20 ore prima.
Ma questo non è il momento dei perché. È il momento del dolore di un uomo, distrutto, dilaniato dalle difficoltà della vita. È il momento del dolore di una famiglia, di una squadra, di una nazione intera. È il momento della disperazione di due ragazzini che hanno saputo della morte del loro papà dalla televisione. I motivi di questo gesto, ora, contano poco. «Siamo scioccati» ha detto il tecnico della sua attuale squadra Michael Heiden, «mi è difficile credere a questa notizia, sono sotto choc» ha confessato al giornale Fakt il portavoce del Gks Katowice, dove Lewdon iniziò a tirare i primi calci a quel pallone che ne avrebbe accompagnato l’intera esistenza. «È una notizia davvero triste, - ha commentato il portavoce della federazione, Zbigniew Kozminski - i giocatori polacchi sono choccati. Alcuni di loro, i più vecchi, lo ricordano bene, ci hanno giocato assieme».
Che ci spaventassimo quando moristi, no, che la tua forte morte c’interrompesse oscuramente strappando via il prima dal poi - ciò riguarda noi; trovare un nesso in ciò sarà il lavoro che facciamo sempre. Cinque versi del poeta tedesco Rainer Maria Rilke, una fotografia e il ricordo «di un uomo coraggioso, di un fratello, di un amico». Così il sito ufficiale dell’Austria Carinzia ha voluto ricordare il compagno scomparso. Sullo sfondo la scritta «benvenuto tra i leoni». Perché leone Lodwen lo è sempre stato. Fino all’ultimo. Dopo l’infelice esordio contro la Germania, aveva aspramente criticato la squadra polacca per gli errori fatti durante la partita: «Con l’Austria devono giocare in modo più deciso e duro».
Sembra quasi scontato dirlo, ma ieri sera a Vienna in campo contro l’Austria c’erano dodici calciatori.

Per questo, quando è arrivato il gol del momentaneo vantaggio, quelle mani sollevate verso il cielo indicavano chi la partita la stava guardando dall’alto. Per questo, quando è arrivato il pareggio beffa, quelle mani indicavano chi stava soffrendo con loro.

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