Lui parla come suona, veloce, fantasioso, subito riconoscibile. «Io sono born to run, nato per correre come canta Springsteen. Ma sono anche born to be wild come la colonna sonora di quel famoso film: alla batteria, non dimenticatevelo mai, si è selvaggi». Franz Di Cioccio è una delle poche autentiche leggende del rock italiano, lui come la sua Premiata Forneria Marconi, Pfm per i (sempre scatenatissimi) fan.
Come ogni vero rocker, è sempre stato fedele alla propria passione. Come ogni grande batterista, è identificabile al primo tocco. Oggi a 71 anni rimane dove è sempre stato, ossia alla Pfm, ma giorno dopo giorno si conferma come un punto di riferimento per chiunque si avvicini alla musica. Ora, dopo l'abbandono di Franco Mussida, la «nuova» Pfm si è rodata dal vivo ed è di nuovo in studio per un album che uscirà in autunno, a conferma di una voglia infaticabile, e pure inesauribile, di fare musica. Quella vera, suonata fino in fondo. Ce ne fossero. «Mio padre era un musicista classico, io sono rimasto folgorato dai Beatles, poi ho incontrato i Led Zeppelin e mi hanno sbalordito: ascoltavo i loro dischi rallentati a 16 giri per poter apprezzare attentamente tutti i colpi del batterista». John Bonham, per l'esattezza. Un mito.
Robert Plant ha qualche volta citato la Pfm come uno dei gruppi italiani che la band ascoltava negli anni Settanta. E oggi Di Cioccio ricorda, per la prima volta da tanto tempo, che sul finire del 1980, ossia in coincidenza con la morte di Bonham, era stato sondato per partecipare a un eventuale casting per la sostituzione all'interno dei Led Zeppelin. Poi si sciolsero e tutto finì lì.
E Franz Di Cioccio, nato in provincia dell'Aquila e milanese d'adozione, ha continuato a menare tamburi ovunque, impreziosendo il progressive della Pfm con un ricamo ritmico che talvolta ne attenua l'eccessiva «pensierosità». Un esempio che all'estero non si sono dimenticati di seguire. Rolling Stone li ha inseriti al 19º posto tra i gruppi progressive più importanti della storia, mentre Classic Rock non ha messo barriere e li ha catalogati addirittura tra i primi 100 gruppi più importanti in assoluto.
Dopotutto questi musicisti hanno poco da invidiare a leggende mondiali e non è un caso che, dopo l'ennesimo tour all'estero, un giornale inglese abbia scritto «still Premiata after all these years», ancora premiata dopo tutti questi anni... «E dire che non sono mai andato a scuola di batteria - dice lui - ma ho deciso di suonare come la sento io. Non a caso la mia carriera è esplosa perché sono fuori dagli schemi». Dai Black Devils di inizio anni '70, passando per i Demoniaci (con Nino «Teo» Teocoli alla voce) passa per un Sanremo con l'Equipe 84 (erano con il Lucio Dalla di 4 marzo 1943) e, soprattutto, per gran parte del primo Lucio Battisti, suonando in capolavori come Acqua azzurra, acqua chiara o La canzone del sole. «Ho legato molto con Lucio proprio perché mi sforzavo di essere personale nel suono. Ricordo quando, registrando Anna, lui era in studio e mi disse ahò, qui mettice 'na zampata. Era attentissimo alla qualità dei suoni e delle partiture». Così sono da sempre tutti i componenti della Pfm, cresciuti nella virtuosissima culla del prog rock (Il Banco o gli Area in Italia, i primi Pink Floyd, King Crimson e Genesis in Gran Bretagna) ma capaci di non rinchiudersi nello steccato sterile dei nostalgici. Specialmente lui, che ha fatto programmi tv (ad esempio So to speak su Italia Uno negli anni '80) e scritto libri rimanendo sempre a braccetto con i tempi. «Ho sempre ascoltato tanta musica e ancora oggi non mi tiro indietro, ho fame di nuovi suoni».
Il contrario di come si immagina essere un musicista di successo che suona da oltre cinquant'anni. «Un disco bello di rap - dice - va rispettato come un disco bello di jazz. Se ascolto musica, cerco sempre di individuarne il lato bello, non mi interessa esaltarne i limiti o i difetti. In sostanza, voglio capire perché una canzone oppure un suono mi piace, e magari imparare qualcosa di nuovo». Un'attitudine che per due anni consecutivi ha portato la Pfm nella crociera «Cruise to the edge» a suonare in mare aperto con giganti del prog rock come Yes, Marillion e Gentle Giant. «Era tanto che non andavamo all'estero e torneremo a fine anno, adesso intanto parte un tour italiano», annuncia. In realtà quelli come la «Cruise» sono eventi kolossal, specialmente per un certo tipo di pubblico. E anche un modo di confrontarsi con altri super musicisti e assorbire nuove ispirazioni. Mantenendo ferme le proprie convinzioni di base.
Ed è per questo che un signore come Franz Di Cioccio oggi è un grande esempio per quei (sempre più) coraggiosi che vogliono iniziare a diventare musicisti per davvero. «A loro, ai giovani dico sempre: suona quello che sei, non quello che vuoi sembrare».
Un batterista, dice lui, è come «il portiere di una squadra di calcio, suono ma posso anche godermi lo spettacolo. Ed è fondamentale perché sul palco io divento uno strumento del pubblico, assorbo e filtro le sue emozioni». Parole rarissime, oggi. E da conservare preziose.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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