Stavolta sono i quadri. Altrimenti sono canzoni inedite oppure raccolte oppure chissà che. Bei tempi quando di Lucio Battisti si parlava grazie alla musica, e che musica, senz’altro coraggiosa e visionaria. Adesso sono sempre più spesso bagattelle giudiziarie. Come questa. Dal 14 settembre fino al 2 ottobre sono stati esposti all’Auditorium Parco della Musica di Roma undici suoi quadri, tutti mai visti prima dal grande pubblico, tutti firmati e dipinti a Poggio Bustone in un periodo vagamente compreso tra la fine degli anni Sessanta e il ’72. Ciascuno reca il titolo di una canzone e vai a capire come sia possibile che, come nel caso di quello chiamato Una giornata uggiosa, il brano sia stato poi pubblicato nel 1980, ossia almeno otto anni dopo. In ogni caso, sul web se ne parlava da qualche tempo. E, alla vista di quelle tele con colori vividi, rosso e turchese e ocra, affiancati talvolta a toni tenui e sfumati, qualcuno si è spinto ad affermare che addirittura fossero stati quei quadri ad ispirare parte dei testi di Mogol. Diciamo un po’ azzardato.
Bene, i prodromi del caso giudiziario sono iniziati ieri, vale a dire quando la mostra Battisti - Il tratto delle emozioni è finita da quasi dieci giorni. E sono arrivati con tanto di comunicato dei legali: «Gli eredi di Lucio Battisti fanno sapere di aver interpellato sia la Fondazione Musica per Roma che i curatori della Mostra Gianni Borgna e Carla Ronga, al fine di conoscere la provenienza delle opere esposte, ma di non aver ricevuto alcun chiarimento». In tempo quasi reale è arrivata l’inevitabile risposta: «Non è vero che non sono stati dati chiarimenti», ha detto Borgna all’agenzia AdnKronos. Precisando poi: «Io parlo per me e per mio conto agli eredi Battisti (che sono la vedova Grazia Letizia Veronese e il figlio Luca - ndr) hanno risposto ben due avvocati. Queste opere hanno un legittimo proprietario. Sono state realizzate tra il ’66 e il ’72.
Erano quadri che erano a casa del padre di Lucio. E sono stati acquistati a suo tempo con tanto di atto notarile». Insomma, «ho tutti gli elementi per ritenere che si tratti di opere autentiche e certificate. Tanto è vero che sono venuti diversi parenti a vederle.
L’iniziativa fra l’altro ha portato soltanto ulteriore gloria a Battisti, visto che se n’è parlato benissimo ovunque». Per farla breve, la polemica di giornata si è esaurita così e vedremo come andrà a finire. Di sicuro un Lucio Battisti pittore, peraltro un po’ naif e non certo all’altezza della sua fama di cantante, ha sorpreso molti. E anche Mogol tempo fa ha detto di non sapere nulla di questa passione, evidentemente coltivata con riservatezza. Invece la sorella Albarita ha chiaramente dichiarato che «Lucio si chiudeva in cucina e su mezzi di fortuna si metteva a dipingere creando i suoi quadri». In ogni caso, come sempre accade con questo artista che ha saputo velare la propria fama meglio di chiunque altro, intorno a questi quadri c’è un mistero che neppure si trattasse di un caso di Stato.
Qualcuno dice che, poco prima di morire nel 2008 a novantacinque anni, il padre Alfiero abbia disposto che fosse giunto il momento di rivelare al mondo quanto il figlio fosse bravo anche con i pennelli.
E, sempre stando a quelle indiscrezioni che si moltiplicano in mancanza di conferme, a un’asta le tele furono acquistate da una collezionista romana che fu poi aiutata dal pianista e compositore Rodolfo Matulich di Novi Ligure, che ha curato tra l’altro gli arrangiamenti del film Troppo sole di Giuseppe Bertolucci, a cedere i quadri con l’obiettivo di realizzare un museo Battisti in provincia di Alessandria.Ecco, fine del prologo. Vedremo la trama.
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