Parigi - Il leader centrista François Bayrou è stato la vera novità politica della campagna elettorale per il primo turno delle presidenziali. Si è proposto come grande protagonista di una nuova rivoluzione francese, basata sulla fine degli steccati ideologici e su un nuovo pragmatismo, in grado di riunire tra loro la vecchia destra e la vecchia sinistra. Adesso che deve scendere dal treno delle presidenziali, su cui restano solo i due rappresentanti delle due maggiori formazioni politiche transalpine, François Bayrou, 56 anni, è chiamato a misurarsi con un interrogativo per lui fondamentale: può esistere un centro forte e autonomo in un Paese che resta profondamente diviso tra destra e sinistra? Il suo appello al superamento dei blocchi è piaciuto ai francesi, che ieri lo hanno comunque premiato con un non trascurabile risultato, circa il 18,5 % (soprattutto se paragonato col 6,84 % ottenuto al primo turno delle presidenziali del 2002), ma al momento d'infilare la scheda nell'urna, i candidati di destra e di sinistra hanno dimostrato di restare ai primi due posti nella graduatoria delle preferenze nazionali.
Adesso Bayrou deve decidere che cosa farà da grande. E deve deciderlo in fretta, visto che il secondo turno delle presidenziali sarà il 6 maggio. Un'alleanza con Nicolas Sarkozy, leader dell'Union pour un Mouvement populaire (Ump), riporterebbe l'Union pour la Démocratie française (Udf) di Bayrou nel suo ambito storico di centrodestra e verrebbe considerata da molti francesi come una sconfessione della recentissima campagna elettorale, caratterizzata invece dallo spostamento dell'Udf verso il centro e poi il centrosinistra. Tuttavia quella mossa consentirebbe a decine di deputati dell'Udf di ritrovare con relativa facilità il proprio seggio all'Assemblea nazionale in occasione delle elezioni per i 577 seggi di quest'ultima, in programma per il 10 e il 17 giugno prossimi. Inoltre l'ipotetico sostegno di Bayrou alla candidatura di Sarkozy, in vista del ballottaggio presidenziale, garantirebbe all'Udf varie poltrone ministeriali nel caso d'ingresso di Sarkozy all'Eliseo e di maggioranza di centrodestra in Parlamento.
Però è molto difficile che Bayrou punti su questa prospettiva. Per lui - che fu ministro dell'Educazione nazionale in tutti i governi di destra degli anni Novanta - sarebbe come tornare indietro di oltre dieci anni e sarebbe come rinnegare gran parte delle cose dette in questa campagna elettorale. Ma anche quella dell'alleanza con i socialisti, con relativo sostegno alla candidatura di Ségolène Royal, è per Bayrou una via difficilissima da percorrere. Soprattutto il segretario generale socialista François Hollande, compagno di vita e di partito di madame Royal, ha avuto fino a ieri parole sgradevolissime nei suoi confronti. Bayrou è stato trattato come «uomo di destra» e quindi alla stregua di un nemico. Nemico tanto più pericoloso perché cercherebbe di indossare abiti progressisti allo scopo di togliere alla sinistra una parte del proprio elettorato. Hollande, che forse considera la propria compagna Ségolène come Cappuccetto rosso, ha dipinto Bayrou un po' come il lupo delle fiabe. Denti lunghi e cervello fino.
Quand'anche volessero farlo, i socialisti avrebbero un grosso problema ad allearsi con Bayrou: perderebbero il sostegno dell'estrema sinistra trotzkista e comunista, che in quell'ipotesi negherebbe presumibilmente i propri voti alla Royal nella prospettiva del ballottaggio del 6 maggio. Eppure molto dell'esito di quel duello dipenderà proprio dalle scelte di milioni e milioni di francesi che ieri hanno infilato nella scheda elettorale il foglietto col nome di Bayrou. Se la maggioranza di loro si esprimerà per Sarkozy, quest'ultimo sarà favoritissimo nella lotta per l'Eliseo. Se si divideranno in due metà esatte, si tratterà comunque di un vantaggio oggettivo per Sarkozy, che già può presumibilmente beneficiare di gran parte dei voti andati ieri a Jean-Marie Le Pen.
Se però gli elettori di Bayrou passeranno armi e bagagli con la Royal (e se quest'ultima riuscirà a ottenere al tempo stesso i voti dell'estrema sinistra, tentata dall'ipotesi dell'astensione), allora la candidata socialista avrà una speranza seria e concreta di diventare la prima donna presidente della Francia.
Come si vede, la partita è ancora molto aperta. Tra i socialisti, una minoranza (guidata dall'ex primo ministro Michel Rocard, che non dispone però di alcun potere in seno al partito), sogna un accordo «ulivista» con l'Udf di Bayrou e quindi una vera svolta di centrosinistra nella prospettiva di una collaborazione politica di lungo termine.
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