Bce ai governi: «Troppi i senza lavoro»

Il consueto repertorio non manca: c’è il riferimento all’urgenza di riequilibrare i conti pubblici, così come la nota di bordone sui tassi «appropriati», fino alle istruzioni per l’uso della exit strategy. Mai però in passato la Bce aveva marcato in modo così netto quello che appare il tema dominante del dopo-crisi, ovvero il problema dei senza-lavoro, con l’invito rivolto ai governi nell’ultimo Bollettino mensile a prendere le misure idonee per «prevenire una disoccupazione strutturale».
Impossibile del resto abbassare la guardia, nonostante l’Eurotower abbia rivisto in senso migliorativo sia le stime sul Pil, sia quelle sui disoccupati di Eurolandia, attualmente sopra i 15 milioni. A fine 2009 la contrazione economica sarà pari al 3,9%, 0,6 punti percentuali in più dell’ultimo rilevamento, mentre le aspettative di crescita per il 2010 e 2011 sono state ritoccate verso l’alto rispettivamente di 0,7 e 0,1 punti e si collocano all’1% e all’1,6%. Quanto ai senza-lavoro, a fine 2009 il tasso sarà del 9,5%, nel 2010 salirà al 10,6, per poi ripiegare nel 2011 (10,4%). Questo andamento sembra confermare che la ripresa, almeno nel prossimo biennio, non avrà sufficiente forza per rimettere in moto le assunzioni. Non è, ovviamente, solo un problema della euro zona. Gli Usa stanno anche peggio (a spasso 16 milioni di americani), al punto da convincere Obama della necessità di convocare per dicembre un summit che vedrà riuniti politici, economisti, imprenditori e sindacalisti. Obbiettivo: trovare la chiave per riaprire la porta ai posti di lavoro.
Su questo nodo, l’istituto guidato da Jean-Claude Trichet parte da una considerazione. Questa: in tutti i Paesi dell'area «assume un'importanza cruciale un maggior impegno a favorire la crescita sostenibile e l'occupazione poiché la crisi finanziaria potrebbe avere inciso verosimilmente sulla capacità produttiva delle economie». Dunque, il rischio di una disoccupazione alta e permanente si può scongiurare attraverso «la moderazione nella fissazione dei salari, una sufficiente flessibilità dei mercati del lavoro ed efficaci incentivi all'occupazione». La Bce non pensa però a sgravi fiscali, che andrebbero presi in considerazione «solo nel medio periodo» e dopo «aver recuperato un sufficiente margine di manovra di bilancio». Prima, dunque, vanno poste in essere «ambiziose» strategie per riequilibrare i conti pubblici imperniate «sulla riforma della spesa» e attuata l’uscita dalle misure di stimolo anti-crisi.
A una banca centrale preoccupata per chi non ha un lavoro, fanno eco i timori sulla crescita di potere «degli interessi di parte, contrari a riforme sostanziali» espressi dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi, ovvero dal possibile successore di Trichet. A Draghi, l’Economist ha dedicato nell’ultimo numero un ritratto quasi apologetico, definendolo un «pilastro dell’economia mondiale», un professionista «instancabile» ed esaltandone l’apertura mentale unita alla calma e alla capacità di analisi. Per ora, Draghi sembra soprattutto concentrato sull’incarico di numero uno del Financial Stability Board, l’organo cui il G20 ha affidato il compito di scrivere le nuove regole della finanza.

Ieri Draghi è infatti tornato a evidenziare come sia «vitale» che le autorità di vigilanza «facciano una diagnosi approfondita dei problemi» e mettano in campo «un’azione audace e radicale per rimediare alle disfunzioni attuali». Vincendo le resistenze di chi si oppone al nuovo corso.

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