Roma - Mentre il neo governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, incomincia a valutare qualche movimento nelle caselle di palazzo Koch, Silvio Berlusconi non ha molto tempo davanti a sè: domani, al Consiglio europeo, il presidente francese Nicolas Sarkozy metterà sul tavolo la questione del componente francese del board della Bce, in sostituzione di Lorenzo Bini Smaghi. «Bisogna onorare gli impegni presi», dice il portavoce dell’Eliseo. É vero che non esiste norma scritta che escluda la presenza nel Comitato esecutivo di due membri dello stesso Paese; ma lo richiede il bon ton, e palazzo Chigi confida sul senso di responsabilità dello stesso Bini Smaghi. Non mancheranno le rassicurazioni da parte del nostro premier: la soluzione sarà trovata entro l’anno, e forse anche prima.
La questione è semplice. Gli Stati che fanno parte dell’Eurozona sono diciassette, ma i componenti del board esecutivo della Bce sono solo sei: il presidente, il vicepresidente e quattro consiglieri. É intuitivo che la presenza contemporanea di due italiani, Mario Draghi e Bini Smaghi, sia fuori luogo. Inoltre il board è oggi sbilanciato sul fronte mediterraneo, con Draghi, il vice presidente portoghese Vitor Constancio, i consiglieri Bini Smaghi e lo spagnolo Josè Gonzales Paramo. Solo due consiglieri rappresentano gli altri Paesi dell’area: il belga Peter Praet e il dimissionario tedesco Jurgen Stark, che sarà sostituito entro l’anno dal connazionale Jorg Asmussen.
Dopo le dimissioni di Stark, contrario alla politica monetaria seguita dalla banca centrale durante la crisi, di tutto c’è bisogno a Francoforte tranne che di una seconda querelle che riguardi il board. Allo stesso tempo, si rileva, «a Francoforte sarebbero in molti ad applaudire se Bini Smaghi restasse, resistendo alle pressioni politiche». La domanda è dunque: l’accordo Berlusconi-Sarkozy che ha spianato la via alla nomina di Draghi, deve prevalere sull’indipendenza della banca dalla politica?
La risposta non potrà che ispirarsi alla realpolitik e al buon senso. Bini Smaghi è deluso: la nomina di Visco è stata per lui una doccia fredda. Lascerà passare qualche giorno per evitare la contemporaneità fra l’arrivo di Draghi e la sua partenza. Aver legato in maniera così esplicita le dimissioni alla nomina a governatore di Bankitalia è stato un errore diplomatico, e così il banchiere fiorentino lascerà il posto a Francoforte nel momento in cui gli sarà offerto un incarico adeguato in Italia o in una istituzione economica internazionale, la Bers o la Bei. «Si suppone che lascerà il posto a un francese», scrive il quotidiano finanziario transalpino Les Echos. In ogni caso, un Sarkozy irritato dalle agenzie di rating (ancora ieri la Standard & Poor’s ha ipotizzato che Parigi possa perdere la tripla A, il massimo dei voti, se l’economia continuerà a ristagnare) non rinuncerà alla poltrona alla Bce in un momento tanto delicato.
Chi è ormai fuori dalla mischia è il neo governatore della Banca d’Italia. Ora ci sono soltanto alcune formalità, come lo scontato «sì» del Consiglio superiore e la firma del Capo dello Stato al decreto di nomina. Dicono gli osservatori di via Nazionale che il governatore stia pensando ad alcuni ritocchi al vertice.
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