La Bce lancia l’allarme disoccupazione

La Bce è preoccupata dall’insostenibile pesantezza della disoccupazione, salita in aprile al 9,2% e dunque a un livello ormai prossimo a quello statunitense (9,4% in maggio). Visto che Barack Obama non perde occasione per sottolineare come il nodo dei senza-lavoro sia il cappio che rischia di strangolare la nascente ripresa, i timori espressi dall’Eurotower nell’ultimo Bollettino mensile sono fondati. Eppure, rispetto all’America, una differenza c’è. E profonda. Per sostenere la crescita (e quindi aiutare anche il mercato del lavoro), la nuova amministrazione Usa non ha esitato a promuovere una politica di deficit spending che farà quest’anno lievitare il disavanzo a 1.840 miliardi di dollari, quasi il 13% del Pil. È un rapporto folle, con possibili implicazioni sul rating del debito statunitense. Obama ha promesso che verrà corretto, ma solo una volta che la recovery si sarà consolidata.
La differenza sta proprio qui. L’istituto di Francoforte lancia l’allarme-lavoro, ma al tempo stesso richiama ancora una volta all’ordine contabile i Paesi dell’eurozona. Il deficit-Pil, rileva il Bollettino, salirà dall’1,9% del 2008 al 5,3% nel 2009, fino ad arrivare al 6,5% nel 2010, anno nel quale, inoltre, il rapporto tra debito e ricchezza prodotta dovrebbe superare l’80%. Nel biennio 2009-2010, dunque, i bilanci pubblici non rispetteranno nella maggior parte dei casi la soglia del 3% prevista dal Patto di stabilità. Il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia, ha ricordato nei giorni scorsi che andrà avanti con le procedure di infrazione per deficit eccessivo, aprendone altre anche per i Paesi che sforeranno il tetto del 3% nel 2009. Bruxelles non intende insomma tollerare infrazioni, nonostante la Francia spinga per ottenere una valutazione separata tra il deficit generato dalla crisi e i cosiddetti disavanzi strutturali. E anche la Bce sollecita a «ripristinare quanto prima solide posizioni di bilancio per consentire ai Paesi di affrontare gli oneri aggiuntivi connessi all’invecchiamento della popolazione nonchè i rischi derivanti dalle garanzie statali fornite per la stabilizzazione dei settori finanziari».
Il problema è però quello di riuscire a coniugare il riequilibrio dei conti con il contenimento dei senza-lavoro, in attesa che si materializzi una ripresa che l’istituto guidato da Jean-Claude Trichet colloca nel 2010, anno per il quale è prevista una variazione tra il -1% e il +0,4% dopo la contrazione tra il 5,1% e il 4,1% nel 2009. La stessa Bce riconosce che occorrerà tempo prima che le misure non convenzionali siano di sostegno all’economia. Nel frattempo, i settori più in sofferenza sono il manifatturiero e le costruzioni, e particolarmente colpiti sono i dipendenti a tempo determinato. La crisi ha accentuato il ritmo di crescita della disoccupazione: dal 7,3% nei primi tre mesi del 2008, si è passati al 9,2% dell’aprile di quest’anno. L’occupazione è rimasta pressoché invariata nell’ultimo trimestre del 2008, con un tasso di crescita sul periodo corrispondente dello 0,1%. Secondo il Bollettino, i contratti di lavoro a termine sono inoltre un fattore di rischio che può contribuire a peggiorare il quadro della disoccupazione di tutta l’area.
Un intero capitolo è riservato all’Italia, in particolare alla spesa pubblica destinata a far fronte all’invecchiamento demografico.

La Bce rileva che il nostro Paese è quello che spenderà meno tra quelli dell’euro zona, con una crescita dell’1,6% in rapporto al Pil (contro il 5,2% della media) per gli interventi come pensioni, assistenza sanitaria, cure a lungo termine, sussidi di disoccupazione.
Per quanto riguarda i tassi, attualmente all’1%, il Bollettino nulla aggiunge alle parole pronunciate la scorsa settimana da Trichet, limitandosi a definirli «appropriati».

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