Bce, la ripresa c’è: via al ritiro degli aiuti anti recessione

A piccoli passi, senza fretta e con tutte le cautele del caso, la Bce dà il via alla ritirata dalle misure di emergenza prese contro la crisi. L’Eurotower comincia dall’asta a 12 mesi con cui finanzierà, per l’ultima volta, il sistema bancario il prossimo 16 dicembre, con la novità del tasso indicizzato ai tassi di mercato che andrà a sostituire quello fisso all’1% utilizzato finora. Il secondo step verrà compiuto invece a fine marzo, quando si chiuderanno i rubinetti delle operazioni di rifinanziamento a sei mesi, mentre per quelle a tre mesi, si ritornerà a un ritmo regolare mensile.
Si tratta, insomma, di una tabella di marcia per nulla traumatica, facilmente digeribile dai mercati e dalle stesse banche. E contiene un duplice segnale: il primo manifesta che l’ondata lunga della recessione è ormai esaurita ed è tempo di ragionare sul difficile processo di normalizzazione cui è attesa Eurolandia; l’altro è diretto a chi finora, proprio in ragione delle condizioni particolarmente vantaggiose, prendeva denaro in prestito pur senza averne bisogno. Prestandosi tuttavia a qualche equivoca interpretazione, Jean-Claude Trichet ha ieri subito messo le mani avanti: con questo primo tassello dell’exit strategy, l’istituto centrale non intende manifestare «un indurimento della politica monetaria». I tassi ufficiali, ancora fermi all’1%, restano infatti «appropriati» e la liquidità è destinata a rimanere «molto abbondante per molti mesi a venire». La reazione dei mercati, in particolare di quello valutario, c’è però stata, con l’euro che ha accusato il colpo scendendo fino a 1,5080 dollaro.
L’ipotesi di un cambio di registro brutale da parte della Bce, con la rimozione immediata delle misure di stimolo e l’annuncio di una stretta che, verosimilmente, non è collocabile nella prima metà del 2010, era d’altra parte irrealistica considerata l’attuale fase di transizione dell’economia. Certo, la Commissione Ue ha messo ieri il timbro finale all’uscita dell’Europa nel terzo trimestre dalla recessione, dopo 15 mesi di buio, grazie a una crescita dello 0,4% (+0,6% l’Italia, seconda solo alla Germania), mentre su base annuale è confermato il calo del 4,1%. E anche l’istituto di Francoforte ha rivisto al rialzo le stime sul Pil 2009, in calo tra 4,1 e 3,9% (contro -4,4% e -3,8% delle previsioni di settembre), quelle relative al 2010 in uno spettro compreso fra +0,1% e +1,5% (-0,5/+0,9%), mentre per il 2011 l’espansione dovrebbe collocarsi a +0,2/2,2%. Ma proprio la marcata divaricazione delle forchette previsionali indica l’alto grado di incertezza ancora presente. Trichet ha infatti avvertito che la ripresa poggia, in parte, su «fattori con natura temporanea». I recenti scossoni con cui le Borse hanno reagito all’esposizione debitoria da quasi 60 miliardi di dollari di Dubai hanno dimostrato il faticoso recupero di un punto di equilibrio e «il nervosismo dei mercati», seppur in presenza di «un evento relativamente modesto».
Per quanto la ripresa resti fragile, e considerata dal Fmi solo «un rimbalzo» con una disoccupazione che crescerà «almeno di altri due punti», la Bce non ha fatto mancare il consueto richiamo ai Paesi membri affinché affrontino il processo di riequilibrio delle finanze, la cui sostenibilità è stata messa a dura prova proprio dai provvedimenti varati per contrastare la crisi.

«Alcuni Paesi dell’area dell’euro dovranno iniziare il risanamento dei conti pubblici nel 2010 - ha affermato Trichet -. Tutti quanti lo dovranno fare non oltre il 2011». Il pressing dell’Eurotower rischia tuttavia di andare a vuoto: Bruxelles ha chiesto all’Italia di riportare sotto il 3% il rapporto deficit-Pil entro il 2012.

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