da Milano
Il tempo dellattesa è praticamente scaduto: la Bce è pronta ad alzare i tassi, dopo averli mantenuti ieri invariati al 4%. Così era scritto, così è stato. Ma la decisione di non cambiare le coordinate della politica monetaria è stata presa solo a causa «dellincertezza sugli sviluppi dei mercati», ha spiegato il presidente Jean-Claude Trichet.
Una scelta sofferta, a cui si è arrivati senza lunanimità dei componenti il direttivo. Alcuni dei quali erano favorevoli a una stretta, ha ammesso Trichet.
Al di là del dibattito interno allEurotower, prima spia di uno spostamento dellasse strategico, lorientamento restrittivo appare in tutta evidenza nellabbandono della formula attendista («sono necessari più dati» prima di decidere) che aveva accompagnato dallestate scorsa, con lesplodere della crisi dei mutui subprime, le deliberazioni dellistituto centrale. Ma, soprattutto, nellancor più decisa sottolineatura posta sulle «forti pressioni al rialzo per linflazione», a cui la Bce intende rispondere con «fermezza e tempestività». Il linguaggio usato ieri da Trichet ricalca quello più volte impiegato in passato per preparare il terreno a un aumento del costo del denaro. I prezzi delle materie prime, petrolio su tutte, e le potenziali pressioni salariali che derivano dai contratti stanno servendo a Francoforte un piatto palesemente indigesto. Il periodo caratterizzato da un carovita oltre i limiti tollerati «sarà più lungo del previsto», ha dichiarato il numero uno della Bce.
A novembre i prezzi sono cresciuti nellEurozona del 3% annuo, e le stime comunicate ieri dalla Bce non lasciano spazio a un assorbimento delle tensioni nel breve periodo, collocando linflazione 2008 al 2,5% contro il 2% previsto in precedenza. Le cose miglioreranno solo nel 2009, quando i prezzi dovrebbero attestarsi all1,9%, anche se lEurotower continua a temere gli effetti secondari sui prezzi. Un buon motivo per rinnova lappello alle forze sociali affinché contribuiscano a limitare i rischi dinflazione in futuro.
Se il governo dellinflazione non appare compito facile, altri problemi potrebbero arrivare da uneconomia in fase di rallentamento. Pur giudicandola ancora «robusta», la Bce ha rivisto al ribasso le stime sulla crescita del Pil 2008 (al 2% dal 2,3% previsto in settembre), mentre leggermente più forte sarà lespansione 2009 (2,1%). Le previsioni 2005 sono invece state corrette verso lalto (dal 2,5 al 2,6%). Magra consolazione, perché i pericoli per il quadro congiunturale «sono di un peggioramento», legato in particolare alla possibilità di un impatto superiore al previsto sulla fiducia e sulle condizioni di finanziamento indotte dalle turbolenze finanziarie, dal caro-petrolio e dagli aumenti delle altre materie prime.
Eppure, il percorso della politica monetaria appare ormai segnato. E non terrà conto della strada intrapresa dalla Federal Reserve e imitata ieri dalla Banca dInghilterra, che ha tagliato i tassi dello 0,25% al 5,50%.
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