Bce, tassi invariati. Ma ancora per poco

Ritoccata al ribasso la stima sul Pil 2008 (più 2%)

da Milano

Il tempo dell’attesa è praticamente scaduto: la Bce è pronta ad alzare i tassi, dopo averli mantenuti ieri invariati al 4%. Così era scritto, così è stato. Ma la decisione di non cambiare le coordinate della politica monetaria è stata presa solo a causa «dell’incertezza sugli sviluppi dei mercati», ha spiegato il presidente Jean-Claude Trichet.
Una scelta sofferta, a cui si è arrivati senza l’unanimità dei componenti il direttivo. Alcuni dei quali erano favorevoli a una stretta, ha ammesso Trichet.
Al di là del dibattito interno all’Eurotower, prima spia di uno spostamento dell’asse strategico, l’orientamento restrittivo appare in tutta evidenza nell’abbandono della formula attendista («sono necessari più dati» prima di decidere) che aveva accompagnato dall’estate scorsa, con l’esplodere della crisi dei mutui subprime, le deliberazioni dell’istituto centrale. Ma, soprattutto, nell’ancor più decisa sottolineatura posta sulle «forti pressioni al rialzo per l’inflazione», a cui la Bce intende rispondere con «fermezza e tempestività». Il linguaggio usato ieri da Trichet ricalca quello più volte impiegato in passato per preparare il terreno a un aumento del costo del denaro. I prezzi delle materie prime, petrolio su tutte, e le potenziali pressioni salariali che derivano dai contratti stanno servendo a Francoforte un piatto palesemente indigesto. Il periodo caratterizzato da un carovita oltre i limiti tollerati «sarà più lungo del previsto», ha dichiarato il numero uno della Bce.
A novembre i prezzi sono cresciuti nell’Eurozona del 3% annuo, e le stime comunicate ieri dalla Bce non lasciano spazio a un assorbimento delle tensioni nel breve periodo, collocando l’inflazione 2008 al 2,5% contro il 2% previsto in precedenza. Le cose miglioreranno solo nel 2009, quando i prezzi dovrebbero attestarsi all’1,9%, anche se l’Eurotower continua a temere gli effetti secondari sui prezzi. Un buon motivo per rinnova l’appello alle forze sociali affinché contribuiscano a limitare i rischi d’inflazione in futuro.
Se il governo dell’inflazione non appare compito facile, altri problemi potrebbero arrivare da un’economia in fase di rallentamento. Pur giudicandola ancora «robusta», la Bce ha rivisto al ribasso le stime sulla crescita del Pil 2008 (al 2% dal 2,3% previsto in settembre), mentre leggermente più forte sarà l’espansione 2009 (2,1%). Le previsioni 2005 sono invece state corrette verso l’alto (dal 2,5 al 2,6%). Magra consolazione, perché i pericoli per il quadro congiunturale «sono di un peggioramento», legato in particolare alla possibilità di un impatto superiore al previsto sulla fiducia e sulle condizioni di finanziamento indotte dalle turbolenze finanziarie, dal caro-petrolio e dagli aumenti delle altre materie prime.
Eppure, il percorso della politica monetaria appare ormai segnato. E non terrà conto della strada intrapresa dalla Federal Reserve e imitata ieri dalla Banca d’Inghilterra, che ha tagliato i tassi dello 0,25% al 5,50%.

«Non commento cosa succede dall’altra parte dell’Oceano», ha detto Trichet. Che però ha poi aggiunto: «Loro hanno i mutui subprime, noi siano solo toccati dal fenomeno. Noi facciamo quanto riteniamo necessario per la stabilità dei prezzi». Siamo tutti avvisati.

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