(...) Il ministro Pollastrini chiede alla Lombardia di riservare nel suo Statuto alle signore il 50 per cento dei posti di governo, nelle liste elettorali e nelle nomine degli enti. Roba da far tremare le vene sotto i polsini. In Regione sono maschi quindici assessori su sedici e sessanta consiglieri su ottanta. Nessuna donna è presidente di gruppo (tranne una che guida solo se stessa), su otto commissioni una è a guida femminile, nellufficio di presidenza sono tutti uomini. Il 62 per cento degli impiegati del Pirellone è donna, ma le dirigenti sono il 12 per cento e i quadri il 21. E tutto ciò in una Regione che ha il più alto tasso di scolarizzazione e occupazione femminile dItalia. Al convegno «Donne e istituzioni tra potere e rappresentanza politica», la Pollastrini azzarda paragoni: «Il Lazio ha fissato quote elettorali del 50% e la Toscana del 30%». Ma su giunta e nomine gli statuti dettano vaghe indicazioni di principio sulla «piena parità» e «la valorizzazione della differenza di genere». Di numeri neanche lombra.
Sono tutte signore al dibattito. Gli unici uomini sono sul palco: Formigoni e il presidente della commissione Statuto, Giuseppe Adamoli. Il governatore ricorda che sono donne il sindaco di Milano, Letizia Moratti, la presidente del Tribunale, Livia Pomodoro, e di Assolombarda, Diana Bracco, la segretaria regionale della Cgil, Susanna Camusso. Sottolinea che la decisione sulle quote è del consiglio: «Il momento decisivo è la stesura dello Statuto». Non è fiducioso Adamoli, conscio delle resistenze dei colleghi: «Non posso prendere impegni sulle quote, cercheremo di introdurre nella legge elettorale lalternanza uomo donna in lista e la doppia preferenza. Proporrò il voto palese». Antonella Maiolo, sottosegretario regionale alle pari opportunità, rilancia: «Servono norme precise anche per il listino bloccato».
Si schiera dalla parte delle donne che non ci sono Viviana Beccalossi, lunico assessore con la gonna. «Sono antifemminista convinta, da sempre contraria alle quote ma comincio a credere che qualche paletto in più non sarebbe male. Si potrebbe fissare almeno il 30 per cento di donne in giunta, purché sia interpretato come minimo e non come tetto massimo. Conosco i miei polli e so che si corre questo rischio». Secondo la vicepresidente della Regione, bisogna modificare anche gli statuti dei partiti: «Sono i partiti a esprimere gli assessori e sono loro a proporre uomini. Persino io sono entrata in giunta perché lha voluto Formigoni, non per spinta di An».
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