La beffa: se fossero i giudici a salvare Silvio?

Le toghe che processano Berlusconi chiedono e ottengono promozioni e trasferimenti. I procedimenti contro il premier ripartiranno da zero: per i fascicoli Mills e diritti tv Mediaset la prescrizione è quasi inevitabile. Intanto il Csm accusa il Cav: denigra la magistratura

La beffa: se fossero i giudici a salvare Silvio?

Milano - Piccolo paradosso: a cancellare i processi a Silvio Berlusconi, facendo sprofondare nelle sabbie mobili della prescrizione le ragioni dell’accusa e della difesa, saranno alla fine le legittime, umane aspirazioni di carriera dei giudici che li stanno celebrando. Se la Corte costituzionale, al termine della discussione che inizierà questa mattina e si concluderà giovedì, dovesse dare il via libera alla ripartenza dei processi milanesi al presidente del Consiglio, si tratterà di una ripartenza solo formale. Almeno due dei tre processi «congelati» dalle norme sul «legittimo impedimento», si scongeleranno, ripartiranno, faranno lavorare per un po’ giudici e cancellieri. Poi si inabisseranno. E stavolta la colpa non è di una legge. Ma dei giudici che hanno chiesto di cambiare poltrona.
Si tratta degli stessi magistrati che, quando la legge entrò in vigore, la accusarono di violare la Costituzione, bloccarono i processi in corso a carico di Berlusconi e trasmisero gli atti alla Consulta perché valutasse la corrispondenza della norma «salva-premier» ai valori-base del nostro ordinamento. Ovvero: Edoardo d’Avossa, presidente del collegio che stava processando Berlusconi per la vicenda dei diritti tv di Mediaset; Francesca Vitale, presidente del processo per la corruzione dell’avvocato inglese David Mills; Marina Zelante, giudice preliminare del caso Mediatrade.
Da quel giorno, i tre processi sono entrati «in sonno». Un sonno privo di conseguenze negative, perché i termini di prescrizione dei reati restano sospesi fino alla pronuncia da parte della Corte costituzionale. Ma, se giovedì prossimo la Consulta dovesse (in un modo o nell’altro) consentire la ripartenza dei tre processi, il cronometro della prescrizione tornerebbe a fare tic-tac. E a quel punto inizierebbero i guai. In teoria i tre processi dovrebbero ripartire dal punto in cui erano arrivati. Invece dovranno ripartire da zero, perché i tre giudici che li stavano guidando hanno nel frattempo cambiato incarico.
Il 19 aprile scorso, quando il giudice d’Avossa inviò gli atti alla Corte costituzionale, il processo per l’intricata vicenda dei diritti tv non era lontano dalla conclusione. Interrogati i testi d’accusa, esperite le farraginose rogatorie all’estero. Insomma, si intravedeva la fine del tunnel. Se fosse d’Avossa a riprendere le redini delle udienze, la sentenza potrebbe arrivare forse prima dell’estate. Ma d’Avossa non ci sarà: è stato promosso, su sua richiesta, presidente del tribunale di La Spezia. Per un po’, prima dello stop del processo, ha fatto il pendolare tra la Liguria e Milano. Ma adesso non si può più. Al suo posto ci sarà un altro giudice, probabilmente la dottoressa Giovanna Ichino. Quindi (a meno di un improbabile atto di generosità delle difese) si ricomincerà da capo. E la prescrizione delle accuse, relative a bilanci di anni fa, sarà inevitabile.
Stesso scenario per il processo per i 600mila dollari che il Cavaliere avrebbe fatto avere all’avvocato David Mills per addolcire la sua testimonianza. Francesca Vitale, presidente del tribunale, ha finalmente ottenuta l’agognata nomina in Corte d’Appello. Certo, avrebbe potuto rinunciare per portare a termine il processo. Invece no. Nuovo giudice, e anche qui si dovrà ripartire da zero. E si andrà a vele spiegate incontrò alla prescrizione, che ha già affondato il processo-gemello a carico di Mills.
Resta in piedi il processo per la vicenda Mediatrade, clone di quello per i diritti tv. In teoria, il gip Marina Zelante - destinata a una sezione di tribunale - avrebbe potuto chiedere di tenersi il fascicolo sul premier. Ma ieri, l’agenzia Tm News indica già il nome del magistrato che erediterà il processo, Maria Vicedomini. Qui la prescrizione è più lontana. Ma, in fondo, è solo questione di attendere.


Non ha atteso oltre invece il Csm, che un mese fa aveva sospeso l’iniziativa per il «delicato» momento istituzionale, visto che i componenti della prima commissione ieri hanno dato il via libera a maggioranza alla proposta di risoluzione che chiude la pratica a tutela del magistrato del processo Mills Fabio De Pasquale, definito «famigerato» da Berlusconi nell’intervento alla festa del Pdl a Milano in ottobre. Nel documento si sostiene che Berlusconi con le sue affermazioni ha denigrato non solo il pm milanese ma la magistratura nel suo complesso.

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