Al bell’Antonio la bandiera italiana «Trionfo dei Rossi»

Bella soddisfazione per il bell’Antonio. Perchè Antonio Rossi, grande della canoa per gli appassionati, gran Bronzo di Riace per le signore d’Italia, sarà il nostro portabandiera ai Giochi di Pechino. Ammettiamolo: un motivo in più per le signore di cui sopra per guardare la cerimonia d’apertura. «Sarò l’alfiere - dice lui nel turbinìo di una giornata che difficilmente scorderà - l’alfiere di una squadra molto forte che saprà regalare emozioni».
Vero. Ma vero anche che la prima emozione l’ha regalata a Massimiliano Rosolino, quando il campione olimpico del nuoto ha saputo che il grande onore non sarebbe toccato a lui: «Avrei preferito essere io - ammetterà sincero -, però questo è un motivo in più per continuare fino al 2012». Nel sacrosanto dispiacere del campione napoletano ci sono anche gli annessi e connessi. Tipo: «Sono scelte tecniche dettate dall’anzianità, lo posso capire», dirà riferendosi ai quarant’anni di Rossi, ai suoi tre ori olimpici e mondiali, alla sua quinta olimpiade. Tipo: «Invece io sono alla quarta partecipazione ai Giochi, vorrà dire che la prossima volta partirò in pole position...».
Dispiacere di Rosolino a parte, in molti, alla vigilia, davano per certo che la scelta sarebbe caduta su Rossi. Non solo per i suoi indubbi meriti sportivi (bronzo nel K2 500 a Barcellona ’92, due ori ad Atlanta ’96, nel K1 500 e K2 1000, ancora oro a Sydney 2000 nel K2 1000, quindi l’argento di Atene, quattro anni fa, nel K2 1000). A far la differenza c’erano infatti gli allori extra sportivi, quelli che da sempre lo vedono impegnato nel sociale in qualità di testimonial di associazioni benefiche, di Amnesty international, o in veste di ambasciatore dello sport. Nel 2000, lui profondo cattolico, rappresentò lo sport azzurro davanti a papa Wojtyla, durante il Giubileo. Non a caso, il presidente del Coni, Gianni Petrucci, commenterà: «La scelta di Antonio Rossi come portabandiera è per me motivo di grande soddisfazione. Si premia un atleta che, oltre ai grandi risultati sportivi ottenuti, ha sempre avuto un comportamento etico irreprensibile, straordinario, corretto e leale sotto tutti i punti di vista».
E il bell’Antonio? Sul tema, lui, con l’umiltà che lo ha sempre contraddistinto, con il low profile che tanto piace agli anglosassoni di classe, ripeterebbe all’infinito quel che ha detto ieri: «Non so se mi hanno scelto per quanto fatto anche a livello extrasportivo, dovete chiederlo al presidente. Penso sia il frutto di un insieme di fattori... per esempio, il mio curriculum sportivo, l’importanza di gratificare la federazione canoa che cresce, che garantisce allori ai mondiali e anche - ci pensa - e anche il fatto che altri atleti molto rappresentativi erano impegnati nei giorni subito successivi alla cerimonia... Penso a Max Rosolino, a Paolo Bettini, a Valentina Vezzali... La cerimonia richiede impegno, distrae».
E poi bisogna avere il cognome giusto. «Sicuramente - sorride - mi rende orgoglioso anche questo: che un cognome tanto comune rappresenti il nostro Paese.

In fondo, noi Rossi, nello sport, ci siamo sempre dati da fare - scherza -. Penso a Pablito, penso a Valentino. Una bella soddisfazione per un cognome che una volta veniva usato solo come esempio per compilare schede o bollettini...».

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