Non è una novità, anzi: nella prima metà della stagione i film da buttare sono stati molti, molti di più di quelli da salvare. Col risultato che per fare la lista dei dieci peggiori, si rischia di escludere ciofeche memorabili, mentre per trovarne dieci buoni ci vuole il radar. Ovvio, la selezione è più che discutibile, fondata su una considerazione sperimentata: se la critica colta si esalta, il popolino va in coma. Come sosteneva Dino Risi, mica un pincopalla qualsiasi, che divideva i film in quattro categorie: belli e divertenti (A qualcuno piace caldo), belli e noiosi (Otto e mezzo), brutti e divertenti (Totò Diabolicus), brutti e noiosi (Lanno scorso a Marienbad).
Dunque il lettore non se la prenda: le classifiche, esclusa quella del campionato di calcio, sono sempre rivedibili. Allora dài, fuori il più brutto. Eccolo: Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, un dramma thailandese di tale Apichatpong Weerasethakul. Più facile tenere a mente il nome del regista che capire la trama. Inutile aggiungere che su (quasi) tutti i giornali ha avuto le stesse stelle di un hotel di lusso. Poi via via, The American, un farraginoso giallo ambientato nellincolpevole Abruzzo del dopo terremoto con limprobabile killer George Clooney mai visto così stranito. Lunica soddisfatta sarà Elisabetta Canalis: recita come lei. Cè poi Inception, delirante fumettone di fantascienza con Leonardo DiCaprio ladro di sogni. In due ore e mezzo di effetti speciali, anche lo spettatore vorrebbe dormire: impossibile con una colonna sonora a tutto volume.
Quarto Noi credevamo, una fetta di Risorgimento che parte dal Regno delle Due Sicilie nel 1828 e arriva allagognata unità. Tre ore raffinate e estenuanti, consigliabili comunque agli studenti di oggi, tanto per ricordagli che la Giovine Italia non è una escort. Anche il francese Uomini di Dio è una pizza soporifera: un film lento e solenne attorno agli impervi misteri della fede. Tanti frati insieme non si vedevano dai tempi di Marcellino pane e vino. La pecora nera del barbuto discolo Ascanio Celestini parla di manicomi, ma la satira si spunta nella confusione tra matti e sani, con lelegante chiosa delle suore che scoreggiano allegramente nei corridoi.
Nel loffio Wall Street - Il denaro non dorme mai, a differenza della platea, lirriconoscibile squalo di ventanni prima Michael Douglas si trasforma in una sogliola; in Mangia, prega, ama (e sbadiglia) la malinconica scrittrice Julia Roberts va in pellegrinaggio in Italia, India e Indonesia: per fortuna al giro paraturistico di stati con la I si sottraggono Iran, Irak, Irlanda e Islanda. In Niente paura di Piergiorgio Gay, limprovvisato filosofo Luciano Ligabue canta undici canzoni fornendo le sue ricette per guarire lItalia, non quelle per tener sveglio chi si è inesorabilmente appisolato. Infine in La scuola è finita, girato in un fatiscente istituto tecnico romano, complimenti al prof (di italiano!) che sibila a uno studente ritardatario: «Sono stato unora e mezza ad aspettare a te».
Ed ecco i film da vedere, perfino da rivedere. Il migliore? Il francese Potiche, una commedia social-sentimentale molto spiritosa, con una deliziosa sessantasettenne, Catherine Deneuve. Impossibile dimenticare il campionissimo dincassi, lo spiritoso italiano Benvenuti al Sud, con il sorprendente cabarettista Claudio Bisio ormai in grado di volare da solo. Il toccante Una sconfinata giovinezza non sarà un Pupi Avati doro, ma avercene di autori così sensibili. Il sorprendente Gorbaciof certifica il talento di Toni Servillo anche se con un personaggio, solitario e scorbutico, troppo simile a quello di Le conseguenze dellamore. 20 sigarette è la storia, asciutta e antiretorica, della strage di Nassirya, con un attore, già visto in Romanzo criminale, da tenere docchio, Vinicio Marchioni. Di tuttaltro genere La donna della mia vita, elegante commedia sentimentale del collaudato Luca Lucini: incredibile ma vero, il protagonista, Luca Argentero, è bravo, eppure è un reduce del Grande Fratello.
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