Benedetto il decalogo di Formigoni

Prima ancora che il nuovo governo giurasse e quindi fosse formalmente in carica, sulla scrivania di Berlusconi arrivavano, per folgorante iniziativa del presidente Roberto Formigni, le proposte della Lombardia. È il già famoso «decalogo» di richieste, definite dal governatore di «grande interesse comune» e «generale», certo, tuttavia particolarmente care a questa regione: federalismo, contratti di lavoro su base territoriale, Malpensa, buoni scuola, tanto per fare qualche esempio. Pare che qualcuno consideri inopportuna e precipitosa l'iniziativa di Formigoni, anche in considerazione del fatto che, con i suoi ben 7 ministri lombardi, questo governo si annuncia potenzialmente il più sensibile, nella storia dell'Italia moderna, alle esigenze della nostra regione. Ma le cose non stanno così. Lo abbiamo già detto in altre occasioni: l'esperienza insegna che i lombardi al governo e in Parlamento spesso temono di apparire troppo sensibili alle esigenze dei loro territori, eccessivamente «localisti» se non addirittura «provinciali». Perciò si affannano a mostrarsi «attenti agli interessi generali» anzi, «all'interesse nazionale». Altri, invece, non hanno di queste remore e di questi pudori, riuscendo perciò a portare a casa più di quanto riescano a fare i nostri. Insomma, il governo «più lombardo» di tutti i tempi potrebbe non essere il più attento ai problemi della Lombardia.

Quanto mai opportuno e tempestivo, perciò, il promemoria preventivo di Formigoni. Iniziativa che ha anche il pregio di rovesciare i termini tradizionali della questione, giacché parte dall'assunto, ormai evidente, che problemi e interessi della Lombardia, hanno di fatto una dimensione nazionale.

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