Benessere

Diagnosi, luoghi comuni e cosa non fare: tutto quello da sapere sulla balbuzie

Un disturbo sottovalutato su cui gravano molti pregiudizi. Abbiamo chiesto di fare luce sulle false credenze più diffuse alla Dott.ssa Roberta Perosa Logopedista e Counselor

Giornata della Consapevolezza sulla Balbuzie, cosa non dire e non fare
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Nel mondo, circa settanta milioni di persone sono balbuzienti, un milione solo in Italia. Sebbene sia difficile pensarlo, tra queste ci sono anche molti artisti del mondo dello spettacolo. Il meccanismo che permette di parlare è tra i più complessi dal punto di vista neuro-biologico. Per tanti è un’azione naturale ma per molti altri è una fatica enorme. Il 22 ottobre si celebra la Giornata mondiale della consapevolezza sulla balbuzie, un momento per sensibilizzare su un disturbo spesso sottovalutato, su cui gravano molti pregiudizi. Basti pensare che, secondo una ricerca, le persone che hanno dei disturbi della voce e del linguaggio sono tre volte più soggette al rischio di discriminazioni e bullismo rispetto ai loro coetanei. Il 70% delle persone con balbuzie, inoltre, ha dichiarato di aver perso almeno un’occasione di impiego o di promozione a causa del disturbo legato alla propria voce. Abbiamo chiesto di fare luce sulle false credenze più diffuse alla Dott.ssa Roberta Perosa Logopedista e Counselor, specializzata nei disturbi del linguaggio e della fluenza verbale.

Balbuzie, quando insorge e come riconoscerla

“La balbuzie solitamente è un disturbo evolutivo – spiega la specialista – quindi compare nei bambini entro i sei anni. I maschi sono più a rischio di persistenza del disturbo: ogni 5 maschi solo una femmina continua a balbettare. Per quanto riguarda l’età di esordio: più tardi insorge, più aumenta il rischio che sia una vera e propria balbuzie. La diagnosi è più probabile quando insorge dopo i tre anni e mezzo di età, se persiste da oltre un anno, quando c'è una familiarità per balbuzie. Altri segnali sono: la presenza di disfluenze di tipo balbuzie (come i blocchi con tensione visibile), dei comportamenti secondari associati (come spingere in avanti il capo, chiudere gli occhi o distogliere lo sguardo) e un vissuto negativo”.

Come si diagnostica

“Per una diagnosi di balbuzie occorre una valutazione multidisciplinare, possibilmente logopedista e psicologo. Si può fare una diagnosi di balbuzie quando ci sono elevati fattori di rischio e la presenza da oltre due anni dalla comparsa”.

Un trauma può scatenarla?

“Uno dei luoghi comuni più diffusi è che la balbuzie possa essere legata ad un trauma. Il trauma psicologico da solo non può né causare né mantenere la balbuzie nel tempo. Questo falso mito è legato alle poche conoscenze che erano disponibili fino agli anni Sessanta e che non avevano fondamento scientifico. Dall’altra parte, gli aspetti emotivi e affettivi possono fare da fattori di variabilità delle disfluenze. Hanno un peso i feedback ambientali che il bambino riceve, se sono negativi possono condizionare il suo vissuto diventando un fattore di mantenimento del disturbo stesso".

Cosa non dire e cosa non fare

“Non bisogna interrompere il bambino che balbetta o finire le parole che vuole pronunciare. Non dire frasi come: ‘dai veloce’, ‘respira’, ‘parla più piano’ oppure ‘stai tranquillo’. È importante non parlarsi sopra, rispettare il turno, non andar veloci ma andare più piano guardando il bambino negli occhi. Quindi mantenere un contatto visivo senza sottolineare la presenza di disfluenze. Soprattutto è importante non chiedere al bambino di fare qualcosa di diverso con le sue parole”.

Come affrontare la balbuzie

"Andare più piano, dare un buon modellamento verbale, fare delle pause tra le parole, rallentando la propria velocità. Si può imparare a gestire la balbuzie serenamente, ma è difficile toglierla completamente dalla propria vita, soprattutto se c’è una componente genetica alla base (per il 70% proprio la genetica spiega la persistenza della balbuzie). Rimane una caratteristica che si può manifestare nei momenti di maggiore stress e di maggiori richieste verbali. L’obiettivo della terapia infatti è raggiungere una maggiore fluenza e una miglior gestione dei momenti di balbuzie, ma la guarigione completa al 100% soprattutto nei ragazzi adulti, è difficile che avvenga. Nei bambini prescolari si possono avere risultati migliori rispetto alla terapia degli adulti, la balbuzie infatti tende a essere refrattaria al trattamento, l’intervento precoce diventa quindi fondamentale per risultati più stabili e duraturi nel tempo. Per intervenire precocemente è consigliabile fare una valutazione ad un anno dalla comparsa e quando ci sono molti fattori di rischio”.

In quali casi non è vera balbuzie

“La balbuzie evolutiva non va confusa con la disfluenza transitoria (da alcuni autori definita “fisiologica”). In quest'ultimo caso, il bambino produce disfluenze di tipo diverso da quelle di tipo balbuzie (blocchi, ripetizioni e prolungamenti di suoni). Anche quando ripete lo stesso elemento, questo è senza blocco e senza alcuna tensione associata. Il bambino, invece, che non supera il disturbo entro 12-18 mesi dalla comparsa, inizia a produrre disfluenze con durate sempre più irregolari e variabili. Ripete più volte lo stesso elemento, con segni di tensione muscolare, spesso accompagnate da comportamenti di evitamento o di fuga e dalla consapevolezza di difficoltà e sentimenti di frustrazione. In alcuni bambini la vera balbuzie può manifestarsi improvvisamente in forma anche grave sin dall’inizio dell'insorgenza. I bambini possono essere consapevoli di avere delle difficoltà di eloquio già all’età di tre anni”.

I luoghi comuni più diffusi

“Oltre al pensare che possa essere determinata da trauma, un altro luogo comune è che una delle terapie per non balbettare sia recitare o cantare. In realtà si tratta di situazioni facilitanti per chi balbetta. Queste attività possono essere utili come arti- terapie. Tuttavia per trattarla al meglio è necessario intraprendere la terapia logopedica specifica con un professionista che si è formato in balbuzie e terapia psicologica se c’è un vissuto negativo (nei confronti del disturbo ndr.). Altro luogo comune è che chi balbetta è meno intelligente, in realtà non c’è nessuna correlazione con il livello cognitivo. Le persone che balbettano dagli studi condotti dimostrano di avere livelli intellettivi nella media o nella media superiore. Si pensa che chi balbetta non potrà fare il lavoro che desidera, ma questo non è vero. Ci sono molti personaggi famosi ed esempi concreti di persone di successo nel lavoro e nella vita che dimostrano come sia possibile andare oltre il fatto di essere balbuzienti. Altro luogo comune è che si impara a balbettare per imitazione. Questo non è possibile, non è un processo imitativo, ma spesso legato alla familiarità.

Resta importante effettuare una valutazione specifica per la balbuzie e se possibile intervenire precocemente per favorire un vissuto positivo nel bambino e una gestione migliore possibile della fluenza, nonché informare e sensibilizzare tutti i contesti educativi”.

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