Tu quanto sei FOMO? Dal romanzo scritto con ChatGPT alle bolle finanziarie: la malattia della stupidità collettiva

La paura di perdersi qualcosa e di rimanere fuori dalla vita sociale che vale per ogni condizione temporanea

Tu quanto sei FOMO? Dal romanzo scritto con ChatGPT alle bolle finanziarie: la malattia della stupidità collettiva

Ormai vedo sento solo, FOMO, FOMO di qua, FOMO di là, al FOMO su Instagram, FOMO su TikTok, FOMO anche nei titoli dei giornali online, è la parola definitiva che spiega qualsiasi comportamento umano. All’inizio credevo fosse una società, o un’organizzazione di narcotraffico colombiano, fino a che non mi sono sentito dire sui social da un lettore “quanto sei FOMO”, e perfino dalla mia amica giovane genio thebigbangtheoryana Shelly, “qui sei FOMO”, al che mi sono dovuto documentare, che cavolo vuol dire FOMO? Fear of missing out, paura di restare fuori, di perdersi qualcosa, di non esserci quando tutti gli altri ci sono. Infatti gli altri sono sempre ovunque, io no, però li vedo: vanno a concerti dove fanno più foto che ascolto, mangiano in ristoranti dove fotografano i piatti e li lasciano a metà, si contendono la presenza in quel tal talk show per essere ancora più uguali agli altri, comprano gadget tecnologici che non sanno usare, tutto giustificato con l’acronimo di FOMO.

Esempi concreti, più comuni: l’amico virtuale che pubblica il suo nuovo abbonamento alla palestra è FOMO, la foto allo specchio e hashtag #newlife e poi dopo due settimane sparisce perché non ci va più ma intanto ha dimostrato che c’era è FOMO, oppure quello che si iscrive a ogni nuovo social, da Threads a BeReal, solo per non restare indietro e non scrive mai nulla, perché la presenza basta, è FOMO. C’è anche l’autore che annuncia orgoglioso il primo romanzo scritto con ChatGPT, e se il risultato sembra un manuale di lavatrice non importa, l’importante è dire di averlo fatto per primo, altro FOMO. E poi i collezionisti digitali che hanno comprato NFT di scimmie pixelate e ora giurano che stavolta con l’AI è diverso, siccome la paura di restare fuori è più forte della memoria di essere già stati fregati, FOMISSIMI.

La finanza fa lo stesso, leggevo oggi. Sì, FOMO si usa anche in economia. Reuters scrive che le startup AI hanno raccolto 73 miliardi di dollari in tre mesi, cioè il 58% di tutto il venture capital globale, e non sono aziende solide, piuttosto di società che hanno dieci dipendenti, zero ricavi e valutazioni da dieci miliardi, il che significa che a ogni slide di PowerPoint corrisponde circa un miliardo di dollari di valore stimato. L’Economist in questi giorni paragona la situazione alla bolla ferroviaria dell’Ottocento, Sam Altman ammette che è una bolla ma dice che ok, tutto a posto, e Jeff Bezos sostiene che le bolle industriali sono utili perché lasciano infrastrutture (non è il mio campo, sarà, a me sembra che sia un po’ come dire che un incidente nucleare è positivo perché ti rimane la centrale). In ogni caso alla fine anche tutte queste startup sono FOMO, lo dicono appunto gli esperti di finanza: più che prodotti innovativi vendono la paura di restare fuori, e gli investitori comprano quella paura per paura di restare fuori. Ne vedremo delle belle.

Tornando a FOMO, sarebbe lo stesso meccanismo che vale per ogni condizione contemporanea. Sei FOMO se ti iscrivi al nuovo social solo per non sembrare vecchio, o sei solo vecchio lo stesso, e sei FOMO se ti metti in fila per un panino da quindici euro solo per fotografarlo, e sei FOMO se sei semplicemente affamato e non te lo puoi comprare (come si dirà? Affomato?). Sei FOMO se compri l’ennesimo gadget che non userai mai e sei FOMO se annunci il primo romanzo scritto con ChatGPT e sei solo l’autore che non aveva nulla da dire. Sei FOMO anche se quel romanzo te lo leggi, e sei FOMO se dopo essere rimasto fregato con gli NFT adesso ti butti sugli NFT di scimmie pixelate fatte con l’AI (no, non riferisco a Gigi Ballarani, sennò si sente sempre tirato per i capelli blu). Non ho indagato sul sesso, penso sia pieno di FOMO anche lì, vuoi che non ci siano FOMOSESSUALI?

Infine c’è chi dice che anch’io ho il FOMO. Io, che non esco mai di casa (no, non c’ero in piazza a manifestare, non sono mai neppure andato a un concerto, come diceva Andy Warhol per me uno è una compagnia, due un parti, tre una folla), che mi addormento con conferenze su buchi neri. FOMO di che? Paura di perdermi cosa, Cosa? Le cena di gruppo che evito da anni? La vita sociale che mi sono conquistato il privilegio di non avere? Essere invitato a una rassegna letteraria che non potrebbe permettersi il costo della mia fatica di farmi vedere, di incontrare gli altri? Io il FOMO non ce l’ho neanche più con i miei libri. Esempio avevo firmato un contratto per un libro sulla depressione scritto a modo mio, raccontare la depressione come eccesso di lucidità, e dovevo prendere l’anticipo, e l’ho appena disdetto, perché non ho più voglia di scrivere altri libri. Tanto le mie opere ci sono già, sono lì, sono ristampate, chi vuole leggerle le trova, non devo inseguire nulla, non devo dimostrare nulla.

Se esiste un FOMO letterario, allora il mio caso è l’opposto: la libertà di non esserci più e restare solo in quello che resta. Perché in fondo si dice che non c’è fumo senza arrosto, ma nel mio caso non c’è più fumo proprio perché l’arrosto l’ho già consegnato alla storia. Insomma, FOMO un cazzo, bro.

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