Benetton, terremoto al vertice e il titolo crolla

La società minimizza e insiste sulla continuità garantita dalla famiglia

Laura Verlicchi

da Milano

In un colpo solo, Benetton ieri ha perso l’amministratore delegato, Silvano Cassano, il direttore finanziario, Pier Francesco Facchini, e l’8% in Borsa. Il mercato, animale sospettoso, non poteva certamente restare indifferente all’uscita di scena del vertice, annunciata a sorpresa poche ore prima della presentazione dei conti trimestrali del gruppo: un appuntamento di routine che si è rapidamente trasformato in un bombardamento di domande da parte degli analisti, ansiosi di avere spiegazioni su quello che appare come un vero e proprio terremoto.
All’investor relator, Mara Di Giorgio, il compito, tutt’altro che semplice, di rassicurare gli ambienti finanziari, insistendo sulla continuità nella gestione, garantita in prima persona da Luciano e Alessandro Benetton: «Per le strategie abbiamo presidente e vicepresidente, la possibilità di discutere con loro - ha detto -. C’è il middle management per la quotidianità e c’è il resto del senior management», dove, ha aggiunto, non c’è sentore di altre dimissioni.
E comunque, si sta lavorando «in modo molto accelerato», ha detto la Di Giorgio, per selezionare una rosa di candidati entro cui scegliere il nuovo direttore finanziario e l’amministratore delegato, auspicabilmente prima di maggio. Comunque, il nuovo numero uno sarà probabilmente scelto all’esterno della società: è invece esclusa la possibilità che il ruolo sia affidato all’attuale vicepresidente Alessandro Benetton. In effetti, quando un mese fa il padre e fondatore Luciano ha annunciato, in occasione del quarantennale del marchio, l’intenzione di lasciare al figlio il timone dell’azienda, era previsto che la gestione operativa del gruppo rimanesse nelle mani del management, guidato appunto da Cassano: ad Alessandro il compito di rappresentare la famiglia nel consiglio d’amministrazione e la società nei confronti dei clienti e del mercato. Ma il terremoto al vertice potrebbe rimettere in discussione questa divisione dei ruoli.
Ma quali sono le motivazioni delle dimissioni? Impossibile chiederlo ai diretti interessati, assenti alla presentazione (per la cronaca, i primi nove mesi si sono chiusi con un utile netto di 94 milioni, in crescita del 6,5%, su 1.372 milioni di ricavi netti). La portavoce ha accennato a «motivi molto personali» per Facchini, mentre per Cassano, che comunque ha concluso la fase triennale di razionalizzazione e riorganizzazione prevista dal mandato, la decisione «è legata a una diversa visione sull'espansione estera». Ma non c’è stato alcuno scontro con la società, ha tenuto a precisare la Di Giorgio, tant’è vero che Cassano rimarrà nel consiglio di amministrazione.
Fin qui, le dichiarazioni ufficiali. Tuttavia, molti ricordano che Cassano e Facchini sono entrati nella stanza dei bottoni di Ponzano Veneto contemporaneamente, nel maggio 2003, entrambi provenienti da Fiat Auto. Insieme sono entrati, insieme se ne vanno: difficile pensare che sia soltanto una coincidenza.
Difficile anche, per gli addetti ai lavori, non ricordare che, meno di due mesi fa, i due manager hanno fatto, ancora una volta, la stessa scelta: quella di liquidare, alla prima scadenza utile, le rispettive stock option, in tutto oltre un milione di azioni per un controvalore superiore ai 13 milioni di euro.

Anche allora gli analisti si erano preoccupati: soprattutto perché la vendita arrivava all’indomani della presentazione di un aggressivo piano di crescita, «firmato» Cassano, che aveva avuto come effetto immediato il rialzo dei target price su Benetton. Il mercato, abbiamo detto, è animale sospettoso: e ha tratto le sue conclusioni.

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