Roma - «Ogni tanto, mi piacciono i dolcetti», spiega Benicio Del Toro ai fan, che non gli perdonano di vederlo scivolare tra i peli del lupo con The Wolfman (dal 19 febbraio, con 400 copie), film d'azione e d'orrore di Joe Johnston. Lui, premio Oscar col faccione da attore impegnato, apprezzabile in 21 grammi. Il peso dell'anima o nella biografia del Che (Che. L'Argentino), stavolta si dà al cinema commerciale, sia pure in compagnia di Anthony Hopkins e di Emily Blunt, calandosi nel ruolo dell'uomo-lupo, tormentata creatura che viene dagli incubi dell'immaginario collettivo. E, per apprezzare meglio «il dolcetto» (cioè il film non impegnato), Benicio tira fuori certi canini da paura, in una colluttazione selvaggia col padre (Hopkins), uomo-lupo primigenio e infettatore. Ispirata al classico film Universal, che lanciò l'horror, cioè Wolfman (1941, con Lon Chaney jr.), questa pellicola si ambienta in epoca vittoriana, sullo sfondo di Castle Coombe, luogo terrifico illuminato dalla luna piena. E si sa che «quando la luna è piena, la leggenda prende vita» (così il sottotitolo)... Dopo l'orgia dei vampiri, con la saga di Twilight, i lupi mannari (apripista è stata la popstar Shakira, col video She Wolf), scatenano terrori ancestrali, benissimo ambientati nella gelida Inghilterra del 1890. Gli splendidi costumi di Milena Canonero e i complicati trucchi di Rick Baker contribuiscono non poco a rendere credibile questo action-horror, che inizia quando muore la madre del protagonista (Del Toro), da lì in poi segregato in manicomio, quindi attore shakesperiano e, infine, licantropo. «La gestazione del film è stata sofferta. Ho cercato di rendere realistica la mia interpretazione, quasi un omaggio a Lon Chaney. Ho affrontato il tema come fosse una malattia, o una dipendenza: qualcosa d'incontrollabile», spiega l'attore di Puerto Rico, che pare aspetti un figlio dalla collega Penelope Cruz. Per guadagnarsi «il dolcetto», però, Del Toro ha dovuto sottoporsi alla tortura del trucco: quattro ore al mattino, per montare peli, denti e artigli del lupaccio e due ore alla sera, «per levare via tutto, mentre gli altri attori se ne stavano già belli comodi a casa». Come sempre capita, quando alla presentazione d'un film manca qualcuno del cast, ieri è partita una laudatio sperticata di Anthony Hopkins, da parte di Benicio il macho. «Osservarlo, mentre lavorava, era una vera estasi, sebbene nutrissi un timore reverenziale nei suoi confronti. Non credo che raggiungerò mai le vette di Hopkins, che recita con grande naturalezza e semplicità, anche i ruoli più orrendi.
Per me è stato come avere di fronte Marlon Brando», enfatizza l'interprete, che poi ha lodato anche il truccatore. «Baker è un'enciclopedia vivente: devo a lui, solo a lui, il look del mostro. Anche il cinema muto, del resto, ha mostrato interesse per i mostri: dal Fantasma dell'Opera a Nosferatu».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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