Benitez spazza via il fantasma di Mourinho: "Mi chiamano mago..."

Inter, nuovo tecnico, nuova filosofia: "La mia squadra giocherà come la sua: lo facevo già col Valencia. Ma aggiungerò qualcosa. Un allenatore dipende dalla squadra"

Benitez spazza via il fantasma di Mourinho: "Mi chiamano mago..."

nostro inviato ad Appiano Gentile

«Yo soy intelligente». Che non è come dire: «Non sono un pirla». È molto meglio. È bastato uno schiocco di lingua, un guizzo di genialità per chiudere una porta ed aprirne un’altra. Rafa Benitez l’ha servito col sorriso sulle labbra, con un pizzico di ironia. «Ah sì, ho letto quella frase....». Ed ha risposto alla domanda cruciale («Ma lei cosa non è?») con l’immediatezza di chi sa dimostrare la diversità fra l’essere (Yo soy...) e il non essere (Non sono...). In tre parole diverse, con un “non” a far da spartiacque, c’è tutta la differenza fra Mourinho e Rafa Benitez, fra l’Inter di ieri e quella che sarà, l’Inter del “non sono un pirla” e l’Inter del “sono intelligente”: più diretta, capace di dirti cosa sia, senza la scorciatoia furbetta.

«L’Inter che vuol vincere giocando bene. Ma se non giocherà bene, basterà vincere. Per il resto c’è sempre tempo di imparare». Rafa Benitez è un uomo di mondo, che sa convivere con il mondo e con gli incerti del pallone. È un Santone, senza far assonanza con Specialone. Non è un hombre vertical, ma un hombre pacioso, umorale e umoristico. Furbo, che è la sua versione del non sono un pirla. Parla italiano da tanti anni, come lo spagnolo e l’inglese. E non ha avuto bisogno di prepararsi frasi ad effetto. Sintomo di personalità granitica, ovvero l’altra faccia del dirompente Mou.

Ieri ad Appiano Gentile, sotto un cielo un po’ plumbeo, la solita marea di tv e giornalisti, una manciata di tifosi a curiosare da lontano, c’era Mourinho a far da convitato? A destra di Paolillo o a sinistra di Branca? Mah! C’era. Ed ogni volta Benitez scansava l’ingombro. I giornalisti? «A me piace parlare con loro. Non so se sia un pregio o un difetto». Immaginate come ci saranno rimasti male gli inconsolabili vedovi del predecessore. Il gioco? «Non rinnego quello di Mou, fra l’altro lo facevo già nel Valencia. Semmai aggiungeremo qualcosa di nuovo». E i vedovi a sgranar occhi: come? Mourinho ha copiato da Rafa? Vabbè, ma serve la mano... «Cosa credete? Dipende sempre dalla squadra, se l’allenatore è meglio o peggio. E l’Inter è una grande squadra». Detto da uno partito sempre dal basso con le sue formazioni, ma che ha vinto campionati, coppe e Champions.

Rafa Benitez si è presentato così, meno profetico e più professorale dello Specialone. Amante delle golosità («I gelati italiani sono una delizia... pure il cioccolato») e delle nostre bellezze: leggi Sardegna e pallone. «Stavo sull’isola ed ero circondato da paparazzi e giornalisti, schierati col 4-5-1 e col 4-3-3. Qui si respira calcio. Mi aspetto un assedio, perché a voi piace il pallone. Se vinceremo, sarà tutto più facile». Ha garantito: «Sono qui per vincere subito. L’Inter è grande, voglio fare il meglio. E magari durare tanto: 6-7-8 anni». Ricorda: «A Liverpool mi chiamavano The magician (il mago ndr)». Beccati questa, Mou! Da un mago servirebbe ancora un “triplete” «Già, l’anno scorso la squadra è stata quasi perfetta. Ora conterà mantenere la mentalità vincente».

E se l’altro ricordava tutto con precisione metodico-polemica, lui fa lo smemorato. Ieri i vuoti di memoria sono stati acuti quando gli è toccato rispondere sulla Juve. «Non so... Non ricordo... Del resto contano i matrimoni ed io l’ho fatto con l’Inter». Ha evitato risposte compromettenti sui giocatori. Balotelli? «Ha qualità, fa piacere averlo. Ho avuto Fernando Torres, che ora è a gran livello perché ha lavorato tanto. Serve la giusta mentalità». Mascherano? «Preferisco fare un dribbling, anche se capisco cosa volete sapere». Maicon? Qui il discorso si infila in un vicolo. Moratti vuol far cassa, Benitez e il suo gruppo frenano. Accetteranno il sacrificio solo se la contropartita in danaro sarà decisiva. Il concetto è chiaro: Mou non è un fesso. Se lo vuole, significa che Maicon è ancora al top. Dunque? Ci vorranno acquisti doc per convincere Benitez. A cominciare da Mascherano che resta il preferito. Parlandone, gli brillavano gli occhi. Molto più professionale, invece, quando si è soffermato su Gerrard.

Liverpool gli è rimasta nel cuore, lo ha ripetuto in tutte le lingue. L’Inter stava nel suo destino. Quattro anni fa lo cercarono. Anche qui dice e non dice: «Non ho mai parlato con nessuno, ma il mio procuratore un giorno mi disse: hai 4 squadre, una è l’Inter». Era un pallino di Moratti, ora sarà il suo mago. Con la emme minuscola, perché nella storia ce n’è uno con la emme maiuscola. Quello regalò all’Inter una storia durata 50 anni, questo ne ha due per provarci.

In altro caso potrebbe andare ad allenare all’Armani Jeans: ieri Benitez ha svelato di essere appassionato di basket e di avere il patentino da allenatore di prima categoria. E questo è un double che a Mou sarà impossibile. Lo smacco degli smacchi.

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