Milano - Quando scandalo si aggiunge allo scandalo. Per 1.400 pazienti, oltre 1.600 dipendenti (sì, mille e seicento se i numeri fossero più chiari delle lettere). Più un esercito di 500 volontari. Sono cifre e rapporti da albergo a sette stelle più che da casa di riposo quelli del Pio Albergo Trivulzio pronto, dopo quattro lustri, a rispolverare i fasti di una Tangentopoli che in quei giorni era ancora solo all’alba. Allora furono le banconote del «mariuolo» gettate nello scroscio di un water, oggi gli affitti stracciati per case di lusso in pieno centro. Magari con vista sulle vetrine di via della Spiga. O gli elenchi, fatti sparire in tutta fretta, di dimore altrettanto prestigiose svendute a prezzi da catapecchie ai soliti noti, magari dal pedigree progressista e radical-chic. Una caccia al vip da prima pagina, ma che rischia di far dimenticare un bilancio in rosso da brividi. Mandato a fondo da una lista di dipendenti che dopo anni di assunzioni clientelari e battezzate dai soliti padrini politici, oggi consegna alla comunità (perché ricordiamoci che a tutti noi il Trivulzio appartiene) una struttura che stipendia più di un dipendente per ogni ricoverato.
Numeri assolutamente fuori da qualunque logica. Roba insostenibile per qualsivoglia bilancio. Conti che nemmeno un miracolo riuscirebbe a far quadrare. Ed è lo stesso direttore generale Fabio Nitti (dg del Trivulzio e consigliere provinciale pdl a Milano) a spiegare che dei 90 milioni di euro totali, il 70 per cento se ne va per il costo del personale. Una cifra, lo vedrebbe chiunque, assolutamente spropositata. E che costringe a tener alte le rette e a vendere e più spesso a svendere il patrimonio immobiliare. Per toccare con mano basta considerare che al lavoro ci sono 114 medici, un numero piuttosto elevato per soli 1.400 ospiti. Come davvero troppo lunga è la lista dei dirigenti, consultabile da tutti nel sito ufficiale. E di tutto rispetto sono soprattutto le loro retribuzioni, rese pubbliche nello stesso sito, così come previsto dalla legge 69/2009 sulla trasparenza.
Per giustificare i conti che non tornano, si spiega che il Trivulzio storicamente è una struttura con una funzione sociale. E che, proprio per questo, ci sono almeno 200 persone assunte con un contratto per «lavori condizionati». Lavoratori in difficoltà o portatori di handicap a cui si offre un impiego e una retribuzione. E che, pur pesando sul bilancio finale, non si considera opportuno allontanare. Un «costo sociale» che finisce però per ricadere sulle rette. Ma anche così è difficile aggiustare il rosso finale. «La verità - si spiega nei corridoi - è che qui la politica negli anni ha assunto l’ira di Dio. Che presidenti, consigli di amministrazione sono nominati dai partiti. Che in pochi anni qui si sono cambiati tre o quattro direttori generali. E finché sarà così è ovvio che a vincere siano le clientele». A spese dei nonnini e delle loro famiglie costrette a pagare migliaia di euro per tenerli alla Baggina, così come affettuosamente (nonostante tutto) continuano a chiamarla i milanesi. Sullo sfondo, ma non troppo, anche lo scontro tra personalità forti come il presidente Emilio Trabucchi e la sua vice, Francesca Zanconato. Donna molto legata al sindaco Letizia Moratti e moglie del presidente dell’Eni Paolo Scaroni.
«Il problema del Trivulzio è semplice - spiega Stefano Carugo, cardiologo, professore, consigliere regionale e responsabile Sanità del Pdl - Come azienda di servizi alla persona dipende dall’assessorato regionale alla Famiglia e dal Comune e quindi percepisce finanziamenti di conseguenza. Ma qui ci sono anche normali reparti ospedalieri. E di assoluta eccellenza come la cardiologia, la riabilitazione cardiologica, la pneumologia, la fisiatria. Chiaro che i 200 euro di rimborso come casa di riposo non copriranno mai cifre che vanno dai 500 a 1.500 euro di un posto in ospedale». Un delta negativo da «milioni di euro» che, secondo Carugo, può aver costretto alla vendita di parti di un patrimonio immobiliare enorme che fa del Trivulzio «il sesto o settimo ente in tutta Europa per proprietà». Tutti lasciti di benefattori preoccupati del destino di vecchietti e ammalati. Che certo non immaginavano che amministratori «distratti» dilapidassero, secondo una ricerca del Sole 24 ore, 45 milioni di euro solo negli ultimi dieci anni. O molto peggio, come denuncia lo storico socialista milanese Roberto Biscardini.
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