Gianni Pennacchi
da Roma
È «unoccasione storica» da non mancare, ha detto Silvio Berlusconi dando atto tanto al lontano Ariel Sharon quanto ad Abu Mazen che gli stava al fianco, di essere le «persone giuste» per portar la pace alla martoriata Terra santa e ai due popoli che la abitano. Ora o mai più, insomma. E il presidente dellAutorità nazionale palestinese ha sorriso al nostro premier, ringraziandolo per lopera che i nostri carabinieri stanno svolgendo al valico di Rafah, e accogliendo con entusiasmo lofferta di ospitare a Erice gli incontri tra la delegazione israeliana e quella palestinese pur di condurre a compimento il processo di pace. «Purché anche Israele sia daccordo, naturalmente», ha aggiunto mestamente Mazen.
Così si è concluso ieri il primo giorno di visita ufficiale del leader palestinese a Roma, con reciproca soddisfazione delle parti. Domani Abu Mazen sarà in Vaticano, per far visita a papa Ratzinger. Ieri intanto è giunto di buon mattino, è stato dapprima accolto al Quirinale dove è rimasto a colloquio con Carlo Azeglio Ciampi per circa unora, quindi dal presidente del Senato e da quello della Camera, infine allora di pranzo ha varcato il portone di Palazzo Chigi, passando in rassegna con Berlusconi il picchetto donore dei carabinieri. Lungo e cordiale lincontro, un paio dore che hanno visto i due colloquiare anche durante il pranzo. Infine, ed era ormai il primo pomeriggio, la conferenza stampa congiunta.
Berlusconi ha fatto gli auguri allospite per le elezioni del 25 gennaio, vedendo in lui «la persona adatta per portare avanti il processo di pace, utile per il suo popolo, per tutta la regione e il mondo intero». E lodando anche il «grande coraggio» rivelato dal premier israeliano, ha spiegato che proprio Mazen e Sharon sono «gli uomini giusti» per giungere alla pace in Medioriente. Ecco dunque, lesortazione e la «speranza che si possa cogliere questa occasione storica determinata dal rilascio da parte israeliana della Striscia di Gaza, che vede quindi aprirsi nuove condizioni per un negoziato». LItalia è pronta a fare tutto quel che è «necessario» e «utile» per favorire il processo di pace, ha detto ancora Berlusconi, rinnovando tanto la promessa di un «nuovo Piano Marshall» per la ricostruzione e lo sviluppo palestinese quanto lofferta di ospitare a Erice il negoziato tra israeliani e palestinesi. Impegni concreti e più che utili, come sè visto per il problema del valico di frontiera tra Gaza e lEgitto, che si trascinava senza completare del tutto lo sgombero della Striscia perché gli israeliani non si fidavano dei controlli della polizia palestinese: in un mese, lofferta italiana di pressioni sullUe ha sbloccato limpasse, e ora a Rafah ci sono doganieri con le mostrine dellEuropa, guidati dal generale dellArma Pietro Pistolese.
Abu Mazen ha ringraziato anche per questo, affermando che Pistolese sta lavorando in modo «eccellente». Subito aggiungendo che lAnp accoglie «con molto interesse ed entusiasmo» lofferta di ospitare a Erice i negoziati di pace: «Saremo lieti di accettare la proposta, se naturalmente sarà concordata con il governo israeliano». Nella conferenza stampa non se ne è parlato, ma lincognita delle elezioni palestinesi di fine gennaio sta nella partecipazione di Hamas e della Jihad islamica, che non hanno ancora rinunciato alla lotta armata e al terrorismo. Per questo Israele non crede molto a queste elezioni. Ma proprio per questo, perché si spera che dalle urne venga la forza allAnp per disarmare le milizie, lItalia e lEuropa appoggiano e attendono il 25 gennaio. Abu Mazen ieri, davanti ai giornalisti, sè limitato ad affermare con orgoglio che «il percorso democratico proseguirà, non si torna indietro».
Non è un mistero che in questo momento, fra tutti i Paesi occidentali il nostro sia considerato molto amico tanto dagli israeliani quanto dai palestinesi. Berlusconi lo ha sottolineato, ricordando limpegno italiano per la pace in Medioriente «dallazione dellallora presidente del Consiglio Bettino Craxi» sino a quanto «è stato fatto dal nostro governo». Abu Mazen gli ha fatto eco, sottolineando la «grande considerazione» in cui lItalia è tenuta nel mondo arabo.
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