Berlusconi, asse col Colle. E vede Fini

RomaL’appuntamento è in agenda per domani alle 13.30 a Montecitorio. Quando Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini si siederanno a tavola per siglare una pace nei fatti annunciata. Almeno a scorrere la giornata di ieri alla fine della quale - mai come in quest’ultimo anno e mezzo - Quirinale, Palazzo Chigi e presidenza della Camera si sono trovati sulla stessa lunghezza d’onda. Peraltro, su un tema tanto delicato come la giustizia. Una giornata che si apre con l’indiscrezione di Repubblica su un decreto per bloccare i processi e che viene scandita dalla visita di Gianni Letta al Colle (per incontrare Giorgio Napolitano o forse il segretario generale Donato Marra) e da un rincorrersi di voci sull’opportunità del decreto legge. Su cui alla fine converge anche un inizialmente perplesso Fini: o perché nel corso della giornata il testo del decreto è stato sostanzialmente modificato o per non rimanere fuori dall’inedito asse tra Palazzo Chigi e il Quirinale, consolidatosi dopo l’aggressione di piazza Duomo (fu Napolitano uno dei primi a chiamare il Cavaliere che ha poi ricambiato sia a Natale che a Capodanno, tanto che l’incontro di due giorni fa viene raccontato come «molto cordiale»). Al punto che tra gli uomini di An c’è chi racconta dell’ennesima frizione tra il presidente della Camera e Ignazio La Russa proprio sulla questione decreto.
Di certo c’è che nel corso della giornata il clima sembra andare migliorando, tanto che sono proprio i finiani a parlare di atmosfera «idilliaca» dopo una telefonata diretta tra il Cavaliere e l’ex leader di An. Che alla fine dà il via libera all’ipotesi decreto legge per approvare una norma che fermi i procedimenti per tre mesi. Un provvedimento che recepisce la sentenza numero 333 della Corte costituzionale nella quale si riconosce una lesione del diritto di difesa nei processi in cui non sia stata data all’imputato la possibilità di chiedere il rito abbreviato in presenza di nuove contestazioni del pm. Un norma che toccherebbe sia il processo Mills che quello Mediaset, dando un po’ di fiato al Cavaliere rispetto a quello che ancora ieri in privato Berlusconi definiva «l’accerchiamento della magistratura». Un decreto destinato ad essere ancora limato nei dettagli ma che nella sostanza incassa il via libera di capo dello Stato, premier e presidente della Camera. E qui, però, che le versioni divergono. Perché se gli ex di An accreditano un decisivo ruolo di mediazione a Fini, gli uomini vicini al Cavaliere solitamente dediti alle questioni giuridiche assicurano che del testo del decreto se n’è occupato direttamente Gianni Letta con il Colle.
Comunque sia andata, il clima sembra comunque rasserenarsi. Al punto che uno solitamente non tenero come Osvaldo Napoli si muove in difesa di Fini quando in mattinata punta il dito contro la decretazione d’urgenza. «Ha parlato da presidente della Camera», spiega il vicecapogruppo del Pdl a Montecitorio mentre in Transatlantico già si discute del nuovo fronte aperto dall’ex leader di An. Concetto che lo stesso Fini ripete a Berlusconi nel primo pomeriggio nel corso di una telefonata: «Silvio, sai bene che non ce l’avevo con te».


Archiviata l’ultima scintilla, dunque, domani a pranzo i due affronteranno i soliti nodi ormai sul tavolo da mesi. Probabilmente con la nomina dei sue sottosegretari già decisa nel Consiglio dei ministri di oggi: Daniela Santanchè al Welfare e il finiano Andrea Augello alla Salute.

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