Roma - Dicono sia una partita a tre: Alfano, Frattini, Gelmini. Di certo è iniziata la caccia al successore del Cavaliere. D’altronde nel giro di poche ore Berlusconi ha parlato del post Berlusconi per ben tre volte. La prima lo scorso 21 dicembre ospite a Matrix: «Lascerò la politica quando gli italiani riterranno che ci potrà essere un altro che possa sostituirmi. Non sarà un leader di 60 anni, ma qualcuno delle nuove leve. Nel governo ci sono dei ministri giovani e capaci che in futuro potrebbero diventare dei leader. Una donna? Non lo escludo». Poi, durante la conferenza stampa di fine anno, stuzzicato dalla domanda di un cronista, un tassello in più: «Non è l’attuale presidente del Consiglio che deve indicare il capo futuro dei moderati o il presidente del Consiglio futuro. Non credo ci sia un diritto dinastico sui successori e ho sempre detto che chiunque, anche Casini e Fini, potesse aspirare a diventarlo». Poi, intervenendo a Mattino 5 soltanto qualche ora dopo, un altro segnale: «Ci sono dei protagonisti nel governo e nel Pdl che stanno diventando classe dirigente e tra questi alcuni che potrebbero molto bene, nel prossimo futuro, assumersi la responsabilità del governo».
Gli indizi ci sono tutti, la prova provata non ancora. I più, fondato il Pdl, avevano pensato a Fini: l’eterno delfino si sarebbe fatto squalo; il perpetuo numero due sarebbe diventato il primo. Ma poi l’ex leader di An ha voluto bruciare le tappe; ha considerato prima del tempo già morto e sepolto Berlusconi; ha tolto la maschera e svelato il suo vero pensiero: quello delle «comiche finali» e non quello del grande partito unico del centrodestra. Fini si è così giocato la carriera e piazzato da solo ai margini dell’impero dei moderati.
Alcuni avevano suggerito, e tuttora suggeriscono, il nome di Casini. In fondo il leader dell’Udc è moderato vero, è cattolico, gode della stima e della simpatia - più umana che politica - del premier, parla la stessa lingua del Ppe in Europa. Altro elemento: indicarlo oggi come naturale erede potrebbe contribuire a far rompere gli indugi a Pier Ferdinando e soccorrere il governo, traballante dopo la diaspora finiana. Ma l’anagrafe gli gioca contro: «Non sarà un leader di 60 anni», ha detto il premier; e Casini nel 2013 di anni ne avrà 57. Troppi. E poi il ministro Rotondi l’ha già detto chiaro e tondo: «Fini e Casini rinnegano Berlusconi sperando in una successione che, quando avverrà, sarà profonda, generale e generazionale. Insomma, niente che li possa riguardare. La nostra gente non cambia Berlusconi con chi stava in mezzo alla musica tanti anni prima di lui».
Ecco perché a suonare lo spartito del centrodestra potrebbe benissimo essere l’attuale Guardasigilli Angelino Alfano. Stimatissimo da Berlusconi, efficace in tv, gran mediatore, Alfano ha pure l’atout dell’età. Classe 1970, da tempo è nelle grazie del premier di cui è diventato un vero e proprio pupillo. Non da oggi visto che già lo scorso febbraio, in occasione di una cena a villa Gernetto, il Cavaliere fece trapelare il suo nome come possibile successore.
Altro candidato forte è l’attuale ministro degli Esteri Franco Frattini: meno giovane del primo ma di grande esperienza e soprattutto con l’arte della diplomazia che gli scorre nelle vene. È stato ministro della Funzione pubblica, ministro degli Affari regionali e commissario europeo per la Giustizia. Lui sarebbe l’ideale per rappresentare al meglio l’Italia all’estero e per garantire continuità visto che dalla Farnesina ha intessuto rapporti, stretto amicizie, saldato relazioni importanti.
Ma poi c’è quel riferimento alle donne che a tutti ha fatto pensare a Mariastella Gelmini. Classe 1973, coriaceo ministro dell’Istruzione, la Gelmini deve la sua ascesa anche al progressivo tramonto delle altre due ministre del governo Berlusconi: Carfagna e Prestigiacomo.
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