Berlusconi: «Colpa della crisi se non posso ridurle adesso»

RomaSarebbe bello, certo, ma adesso proprio non si può: colpa della crisi. Sul nodo-tasse va in scena un Silvio Berlusconi versione realpolitik. «Visto che stiamo entrando nella campagna elettorale non vogliamo fare promesse che non si possono mantenere», dice in conferenza stampa, «l’attuale crisi economica non permette di ridurre le tasse e oggi non c’è nessuna possibilità di tagliare le imposte: sento solo illazioni in giro». Smentite, quindi, le voci che nei giorni scorsi s’erano rincorse su un possibile alleggerimento, già nel 2010, della pressione fiscale. Ipotesi, questa, rettificata già lo scorso 6 gennaio da parte del portavoce di Berlusconi, Paolo Bonaiuti.
I motivi sono chiari e feroci quanto i conti dello Stato: «La situazione attuale del debito pubblico comporterà, solo di interessi, una spesa di 8 miliardi di euro all’anno - dice il premier - impossibile tagliare le imposte ora». E con le elezioni regionali alle porte sarebbe facile ma pericoloso alimentare speranze che nel breve periodo non potrebbero essere esaudite. Certo, dice Berlusconi, in un periodo difficilissimo «non abbiamo introdotto nessuna tassa nuova, non abbiamo messo le mani nelle tasche degli italiani, nemmeno nell’ultima Finanziaria». Già un successo, viste le condizioni delle casse pubbliche. Pure sul quoziente familiare il Cavaliere frena: «È un intervento che intendiamo fare in futuro, ma le attuali condizioni di bilancio non ce lo consentono». Spiega: «È un fatto di giustizia che un singolo che guadagna 100 sia chiamato a pagare più tasse di un padre di famiglia che deve mantenere una famiglia numerosa - premette - resta la direzione prima su cui in un futuro potremmo convogliare una possibile riduzione delle imposte ma purtroppo devo dire che oggi come oggi non c’è nessuna possibilità che questo possa avvenire». Non adesso, insomma: i tempi non sono maturi. Anche sul discorso delle aliquote cerca di far chiarezza perché «ho sentito e ho letto di riduzioni delle aliquote a due o a otto, non è così». Certo, ammette Berlusconi «i commercialisti si mettono le mani nei capelli per la complessità di interpretazione delle norme fiscali. Si impone una semplificazione di tutto il sistema tributario ma sarà un lavoro lungo, duro. Spero che possa essere sufficiente un anno, ma è un lavoro davvero improbo». Un lavoraccio, insomma, che pure nei giorni scorsi il Cavaliere aveva dichiarato di voler affrontare assieme al ministro Tremonti: un progetto che metta ordine e non obblighi i contribuenti a rivolgersi al commercialista per pagare le tasse. Se la cautela dimostrata dal presidente del Consiglio scatena le ire dell’opposizione, da parte di Umberto Bossi arriva l’appoggio incondizionato alla linea del premier: «Adesso c’è la crisi, per quest’anno non si può fare perché il debito pubblico è cresciuto tanto - dice il Senatùr in Transatlantico - ma se Berlusconi dice che le tasse si taglieranno, si farà».
La frenata del premier sulla riduzione delle imposte è subito utilizzata dal piddino Bersani che attacca: «È un’irresponsabile giravolta: quando si tratta di fare interventi per il lavoro e la famiglia la crisi non c’è, quando si tratta di ridurre le tasse invece la crisi c’è. Quando si tratta di fare propaganda si parla di riforma fiscale, quando si tratta di passare dalle parole ai fatti si fa la giravolta».

Mentre Di Pietro preferisce passare direttamente all’insulto: «Berlusconi ha confessato di essere un imbroglione». Al Pd risponde Bonaiuti: «La riforma fiscale sarà fatta nei tempi necessari mantenendo l’equilibrio dei conti pubblici».

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