nostro inviato a Washington
Non è stato un caffè, come avevano predetto i tanti che nelle ultime settimane hanno raccontato le inquietudini del Dipartimento di Stato americano e finanche la tentazione della Casa Bianca di cancellare il bilaterale già in agenda. E non è stata nemmeno una resa dei conti tra la nuova amministrazione democratica e un leader troppo amico di George Bush e troppo in confidenza con Mosca. Al punto, raccontavano presunti report statunitensi fatti circolare a Roma nei giorni prima dellincontro, che proprio il rapporto preferenziale del Cavaliere con Vladimir Putin sarebbe stato alla fine lelemento su cui si sarebbe consumata la rottura.
Non è stato niente di tutto ciò, forse perché la politica estera e i rapporti internazionali non sono solo bianco o nero, ma vivono di sfumature e di interessi reciproci. Così, se pure il ministro degli Esteri Franco Frattini si lascia un po andare quando dice che nel rapporto tra i due è «scattata una chimica personale», non cè dubbio che il lungo faccia a faccia alla Casa Bianca tra Barack Obama e Silvio Berlusconi sia stato un successo. Al punto che è durato quasi due ore, il doppio inizialmente previsto dal cerimoniale, mostrando un Obama cordiale e amichevole oltre tutte le aspettative e con un Berlusconi ben attento a rispettare alla lettera il protocollo, e poi felicissimo dopo lincontro bilaterale. E con quella che doveva essere una delle principali ragioni del redde rationem tra i due che diventa invece motivo di stretto contatto. «Vista la sua amicizia con la Russia - spiega Obama che ha in programma un viaggio a Mosca per i primi di luglio - ho ascoltato i suoi consigli su come affrontare lincontro». E il Cavaliere non si è limitato a dire la sua se ieri, appena sbarcato a Roma, ha avuto una lunga telefonata con Putin. Per parlare di rapporti commerciali tra Italia e Russia, è la versione ufficiale del Cremlino, ma anche per cercare di fare da intermediario tra Mosca e Washington. E la stessa cosa ha fatto in un colloquio con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, mettendolo al corrente dellincontro con Obama che punta molto sul rilancio del processo di pace tra Israele e Palestina.
Un faccia a faccia, dunque, al di là di ogni più rosea aspettativa. Perché che ci potessero essere degli strascichi di un rapporto così solido e friendly come è stato ed è quello tra il Cavaliere e Bush era un timore legittimo. Invece - come più volte aveva ripetuto il premier nei giorni precedenti la trasferta americana - Obama è «persona molto pragmatica». E così nelle due ore di colloquio si è discusso nel merito dei dossier preparati con cura dalle due diplomazie. Con linquilino della Casa Bianca che alla fine non ha potuto che prendere atto della disponibilità italiana e del ruolo che può giocare un solido asse Roma-Washington. Su Guantanamo, per esempio. Dove il via libera di Berlusconi a ospitare in Italia tre detenuti in uscita dal supercarcere militare sullisola di Cuba è un segnale forte rispetto agli altri partner europei, visto che Parigi ha fatto sapere di accettarne solo uno mentre Berlino è in dubbio su quota due detenuti. Il «sì» italiano, insomma, potrebbe dare il la allauspicato svuotamento di Guantanamo, anche nellottica dellaccordo Usa-Ue siglato due giorni fa.
E forse è proprio la disponibilità del Cavaliere su questo fronte a incanalare i colloqui su binari di assoluta cordialità. Con Berlusconi entusiasta dopo la visita a Washington che non si concede né una battuta né una sbavatura, concentrato comè sullincontro ma anche alle prese con un torcicollo che durante la trasferta statunitense non gli dà pace un minuto. «È andata benissimo, è stato un vero successo», ha ripetuto contento per tutta la giornata ai suoi interlocutori. «Gli uccelli del malaugurio sono stati smentiti», è il commento del suo staff.
Daltra parte, lesito del faccia a faccia si commenta tutto nelle parole del presidente americano. Da quel «great to see you, my friend» pronunciato quando lo accoglie alla Casa Bianca fino agli elogi nello studio ovale.
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