Berlusconi: «Dai Pm un attacco a orologeria Mutilata la libertà»

RomaReagire. Non mollare. «Come dicono a Roma, quando ci vuole ci vuole». A dieci giorni dal voto regionale Silvio Berlusconi scalda i suoi e va al contrattacco mobilitando il suo popolo: «Andremo in piazza: non lo facciamo mai ma lo faremo per reclamare il nostro diritto al voto anche a Roma e per difendere la nostra libertà di parlare al telefono e di non essere spiati». Desideroso di un bagno di folla e stufo di restare sulla graticola degli attacchi quotidiani di certe procure e di certa stampa, il Cavaliere scuote simpatizzanti ed elettori. Lo fa scrivendo ai militanti del Club delle libertà denunciando un asse tra l’opposizione e certe toghe politicizzate e poi con un video messaggio ai Promotori della libertà di Michela Vittoria Brambilla. «Da quando sono sceso in campo, alla vigilia di ogni sfida elettorale - scrive all’anima movimentista del partito messa in piedi dall’onorevole Mario Valducci -, l’alleanza ormai scoperta tra la sinistra e una parte della magistratura interviene indebitamente nella campagna elettorale per influenzare il voto dei cittadini».
Due gli attacchi subiti nelle ultime settimane: i ricorsi contro la presentazione dei candidati per escludere il Pdl dalla competizione elettorale e l’inchiesta di Trani dove i giudici lo accusano di concussione e minacce. Un’indagine che non lo preoccupa ma lo «scandalizza». «Ci hanno provato in Lombardia e a Roma dove non hanno consentito la presentazione delle nostre liste ed hanno cercato di far credere a tutti che la colpa fosse dei nostri delegati». Ma soprattutto: «Ci provano con le ormai consuete accuse ad orologeria enfatizzate dai giornali compiacenti».
Una tempistica sospetta, quella della Procura pugliese, cui occorre reagire con una grande manifestazione: «Di fronte a questo ultimo attacco non possiamo rimanere indifferenti - scrive il Cavaliere -. Per questo motivo vi invito a mobilitarvi. Manifesteremo in difesa del nostro diritto a votare, in difesa del nostro diritto alla privacy, per ribadire i risultati del nostro governo e per far sottoscrivere ai tredici candidati governatori dei precisi impegni di lavoro». Un patto da siglare davanti al popolo dei moderati, durante un raduno che «non sarà di protesta, ma di proposta. Lì firmeremo un patto del fare tra governo e Regioni che indicherà punto per punto gli interventi che potranno essere realizzati grazie ad una maggiore sintonia tra governo e Regioni: e cioè il piano casa finora ostacolato dalla sinistra; l’eliminazione degli eccessi burocratici per consentire l’apertura di nuove imprese in un giorno; l’abbattimento delle liste d’attesa nella sanità; più alberi, più verde e più piste ciclabili, per fare dell’Italia il giardino d’Europa».
Molte sono state le campagne denigratorie nei confronti del premier ma quello che ha fatto traboccare il vaso è l’ultima accusa piombata dalla procura di Trani: «Un grave segno di libertà mutilata e offesa - dice in serata a Studio Aperto -. Ci sono dei magistrati che spendono denaro per costose intercettazioni a tappeto per ipotesi di reato su ciò che il presidente del Consiglio dice sia in privato sia in pubblico». Berlusconi è determinato: «Le reiterate azioni della magistratura sono volte a sottrarre tempo all’azione del governo e, anzi, viene da pensare che la finalità di tali azioni sia impedire al presidente del Consiglio di lavorare». Poi, lancia la riforma della giustizia, non più rinviabile: «Gli ultimi accadimenti, che si accumulano a tutti gli altri processi fondati sul nulla, confermano l’esigenza di una riforma radicale della giustizia che invece viene usata a fini di lotta politica dalla magistratura».
Ecco spiegato il richiamo alla piazza: «Si tratta ancora una volta di una scelta di campo tra il nostro governo che fa e la sinistra delle chiacchiere, tra l’Italia che ama e quella che invidia e odia», scrive ai Club.

Una sinistra disfattista perché «Appena il nostro governo, eletto dal popolo, vara una legge a loro sgradita, la impugnano e la portano davanti alla Corte costituzionale, che immediatamente la cancella. Loro chiamano tutto questo rispetto delle regole. Invece è l’esatto contrario: è la negazione della democrazia, è la negazione del voto e quindi della volontà del popolo».

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