Antonio Signorini
nostro inviato a Cortina (Belluno)
«Auspico che le forze migliori del Paese si mettano insieme per cambiare questo governo». Quello del presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo è solo un lapsus, anche se il pubblico che ieri ha affollato l'incontro clou di «Cortina In-Con-Tra» ha mostrato di gradirlo moltissimo. Montezemolo intendeva dire, come ha subito precisato, «per cambiare il Paese». Ma la gaffe dà il senso della distanza tra le posizioni degli industriali e quelle del governo. Seduto accanto a Montezemolo, il ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa ha confermato che i 19 miliardi di entrate in più che il governo si è ritrovato in dote non basteranno ad allargare i cordoni della borsa. E questo accenno rigorista è stato forse l'unico punto di accordo tra i due, che per il resto della piovosa serata cortinese hanno dato vita a un duello dai toni cortesi, ma di sostanza.
Il messaggio del responsabile di via XX Settembre è rivolto a chi nel suo governo e nella maggioranza si è fatto prendere dall'entusiasmo dopo la diffusione dei dati sul fisco dei primi sei mesi dell'anno. «Sarebbe illusorio dire che cambiano i dati fondamentali del problema». Anche perché sulla cifra, avverte, non c'è certezza. «La dimensione della pepita d'oro è ancora tutte da valutare. Ho l'impressione che alla fine non corrisponderà a quella sulla quale potremo contare». Per capire se e quanto pesano le tasse che gli italiani hanno pagato in più rispetto ai primi sei mesi del 2005 bisognerà aspettare le verifiche sui conti di settembre. Quello che è certo è che il ministero dell'Economia non intende rinunciare a tagliare tutti e quattro i capitoli indicati in luglio: sanità, pensioni, enti locali e «funzioni dello stato». Cioè il pubblico impiego. Il tutto, ha assicurato, senza compromettere le funzioni dello Stato. Montezemolo è sulla stessa linea. Giusto tagliare. Perché sul nostro Paese grava un «debito insopportabile» e una spesa corrente del «40 per cento del Pil». Un macigno che pesa sul futuro dell'Italia. Ma le distanze tornano quando si tratta di dire qualcosa in più. Per Montezemolo «non bisogna cambiare le buone riforme dei governi precedenti, solo perché fatte da altri» (di nuovo applausi dalla platea). Più in generale, la ricetta degli industriali è «tagli agli sprechi e no a nuove tasse». E poi favorire la crescita, finanziando la ricerca e l'innovazione. Le aziende, sottolinea il presidente di viale dell'Astronomia, hanno fatto la loro parte. Lo dimostrano i dati sulla produzione industriale e anche il maggior gettito fiscale al quale hanno dato un «contributo fondamentale». E poi semplificazione, meno burocrazia perché investire in Italia è troppo difficile. Tesi che non convincono del tutto il ministro. «La pesantezza dell'apparato statale non è una motivazione sufficiente» a spiegare il ritardo dell'Italia. Sulle cose di fondo, ha assicurato Padoa-Schioppa «c'è largo accordo». Ma l'ex componente del board della Bce non condivide «la rappresentazione che fa sembrare che la componente in difetto sia solo quella pubblica e che quella dinamica sia solo l'impresa». Un'impostazione, spiega, da sindacalista e che quindi lui da ministro non può condividere. Anche se, nota qualcuno, la vicinanza e i toni cortesi di Padoa-Schioppa all'incontro di Serravalle Pistoiese con il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, sono lontani. «Anche le imprese hanno degli arretrati - attacca -, devono recuperare il venir meno della leva competitiva della svalutazione».
Montezemolo e Padoa-Schioppa sono divisi anche su temi più propriamente politici. Come quello della grande coalizione, introdotto nel dibattito dal moderatore Enrico Cisnetto (uno dei primi opinionisti ad auspicarlo). Montezemolo non usa il termine esatto, ma la sostanza è chiara quando dice che «governare questo Paese è molto difficile. Abbiamo assistito a notevoli problematiche interne negli ultimi due anni del passato governo e abbiamo qualche preoccupazione sulla coesione politica di questa maggioranza». Servono quindi riforme varate da ampie maggioranze perché «il futuro non è né di destra né di sinistra». Le «forze di maggioranza e di opposizione devono condividere le grandi scelte per il futuro». La risposta di Padoa-Schioppa è più un no che un sì.
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