Roma Il mandato esplorativo è stato affidato qualche giorno fa a Gianni Letta. Che si è messo subito al lavoro per cercare di tirare le fila della lunga querelle tra Berlusconi e Fini. Supportato, pare, anche da qualche amico di vecchia data del Cavaliere, tra i quali dovrebbe esserci Fedele Confalonieri. Dopo mesi di frizioni sottotraccia (esplose con il faccia a faccia alla direzione nazionale del Pdl) è dunque in atto il primo serio tentativo di arrivare ad una ricomposizione. Una tregua in verità tutta ancora da negoziare ma su cui il sottosegretario alla presidenza del Consiglio si sta spendendo molto. Con l’obiettivo di trattare preventivamente i termini dell’accordo per poi far sedere premier e presidente della Camera uno davanti all’altro.
E che qualcosa sia in movimento lo si coglie da più d’una sfumatura. Visto che, Italo Bocchino a parte, nelle ultime ore il livello polemico tra i due fronti si è andato decisamente abbassando. Al punto che c’è anche chi, come Gaetano Quagliariello, arriva apertamente ad auspicare una «ricomposizione». Che, dice il vicepresidente vicario dei senatori del Pdl, «è una necessità per tutti». Per il Paese innanzitutto ma, aggiunge, «anche per Berlusconi e Fini». Insomma, nonostante in privato il Cavaliere continui a non nascondere le sue perplessità sul comportamento dell’ex leader di An, il tentativo è quello di trovare «un assetto che regga», soprattutto con la crisi economica che rischia d’investire Europa ed euro. Visto il momento - è il senso del ragionamento del premier - dobbiamo fare di tutto per evitare polemiche inutili e lavorare per governare al meglio. Forse è anche per questa ragione che nel messaggio inviato a un convegno in memoria di Gianni Baget Bozzo Berlusconi insiste sull’unità del Pdl. «Incrinarla per tornare alle ritualità della vecchia politica - dice il Cavaliere - sarebbe un errore imperdonabile, una prospettiva cui mi opporrò con tutte le forze». Anche perché, aggiunge, «è stato grazie all’unità del nostro movimento che il governo ha avuto la forza necessaria per porre l’Italia al riparo dalla crisi economica». Parole che non possono che essere lette guardando alla Grecia e al rischio che la crisi di sfiducia possa davvero travolgere la moneta unica.
È anche per questo, dunque, che si sta cercando di negoziare una tregua. Anche perché all’emergenza finanziaria va aggiunto l’attivismo di alcune procure se, come pensano a Palazzo Chigi, è vero che ci sono almeno altri tre esponenti di rilievo della maggioranza che stanno per finire sotto inchiesta. Una trattativa nella quale si discuterà anche di poltrone, visto che non è un mistero il fatto che Fini chieda «tre teste» (Ignazio La Russa, Altero Matteoli e Maurizio Gasparri). Sul piatto, però, ci sono anche le presidenze delle commissioni parlamentari che nell’ultima settimana di maggio dovranno essere riconfermate (e qui è il Cavaliere ad aver fatto capire di non gradire Giulia Bongiorno alla Giustizia).
Insomma - nonostante il black out tra Berlusconi e Fini continui - lavori in corso. Con un deciso calo dei toni. Da Palermo, per esempio, il presidente del Senato Renato Schifani getta acqua sul fuoco. E spiega che tra il Cavaliere e l’ex leader di An «non c’è alcuno scontro istituzionale» perché il primo non contesta al secondo come fa il presidente della Camera e viceversa. C’è, dice, «solo un dibattito politico». Certo, ad alimentare la polemica resta Bocchino, che anche ieri - replicando alla proposta di Quagliariello sul parlare con una voce sola in tv - ha ribadito di essere stato «epurato» da vice presidente vicario del gruppo Pdl alla Camera. Le risposte non si fanno attendere. «Bocchino - dice il vicepresidente dei deputati Osvaldo Napoli - cerca la rissa, in televisione e altrove.
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