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Berlusconi e Fini, prove tecniche di disgelo

Due ore e mezzo di faccia a faccia in casa di Gianni Letta, poi il chiarimento dopo i tanti dissapori. Il premier: "È stato un ottimo incontro, tra me e Gianfranco non ci sono divergenze così profonde"

Berlusconi e Fini, prove tecniche di disgelo

Roma - La crostata stavolta non c’era a casa di Gianni Letta. Almeno così raccontano. Vuoi perché Gianfranco Fini di solito salta il pranzo, vuoi perché Silvio Berlusconi non intende sgarrare dal suo programma dietetico. E già questa potrebbe essere una buona notizia, se si guarda in prospettiva, visto che il patto siglato nel ’97 attorno al dolce preparato dalla padrona di casa alla fine naufragò, insieme alla Bicamerale di dalemiana memoria.

Ma al di là del trascurabile (forse) aspetto culinario, in parte pure scaramantico, ciò che conta è che «quei due» si siano messi seduti, uno vicino all’altro, in campo neutro - sviando i cronisti in attesa del «duello» alla Camera - svestiti degli abiti istituzionali, per dirsi in faccia come stanno davvero le cose. In casa Pdl, ma non solo. E se prendiamo per buona la «piena soddisfazione» con cui il Cavaliere lascia la residenza del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, alla Camilluccia, allora vuol dire che gli spiragli di luce ci sono. D’altronde, riferisce il capo del governo, appena rimesso piede a palazzo Grazioli, è stato un «ottimo incontro». E in realtà, aggiunge ai suoi, «tra me e Gianfranco non vi sono poi divergenze così profonde». Quantomeno, non dell’entità di cui parlano i giornali.
Certo, affermare però che sia andata «a tarallucci e vino», suona un po’ esagerato. Ma segnali chiari di distensione arrivano pure dal versante opposto. Non a caso, un ministro un tempo di casa a via della Scrofa inquadra così il faccia a faccia: «È ripartito il confronto, il dialogo. Gianfranco è fiducioso ed è uscito rinfrancato dal colloquio». Durato circa due ore e mezzo, per inciso. Anche se, postilla messa bene in evidenza dagli uomini vicini all’inquilino di Montecitorio, adesso «Fini attende i maccheroni». Cioè, «solo il tempo ci dirà se, dietro la volontà espressa dal premier, ci saranno i fatti».

E quale sarebbe allora il pensiero berlusconiano? «Da parte sua - si spiega nel pomeriggio sempre in ambienti finiani - vi è la volontà di rilanciare le ragioni fondative del Popolo della libertà. Così come la volontà di organizzare in maniera più democratica il partito». Ma non finisce qui. E salta fuori il punto chiave, uno dei paletti fissati dalla terza carica dello Stato: il rapporto con il Carroccio, finora sbilanciato a favore del Senatùr. «Berlusconi - sempre secondo i finiani - si è impegnato a far scaturire una politica più incisiva ed equilibrata nei rapporti con la Lega».

Si vedrà. Intanto, gli uomini del presidente, in questo caso del Consiglio, aggiungono qualche altro passaggio utile. E fanno sapere che «entrambi hanno concordato d’incontrarsi più spesso». Riprendendo, quindi, quell’impegno già preso in passato, ma via via fatto scemare. In quest’ottica, osserva il premier con i suoi, «bisogna trovare le modalità per garantire un maggior coinvolgimento di Fini», così come tra le due anime del partito. Ecco perché, l’intenzione è quella di convocare con maggiore frequenza l’ufficio di presidenza del Pdl e gli organi di rappresentanza interni. Senza dimenticare il ruolo dei coordinatori. Tanto che Sandro Bondi, dopo un colloquio telefonico con Berlusconi, si dice «pronto» a raccogliere l’esortazione del Cavaliere, che chiede di «passare subito a una fase nuova, in cui tradurre i contenuti dell’incontro con Fini in un lavoro quotidiano nel partito».

Un punto, quest’ultimo, che viene rilanciato pure da Italo Bocchino, lesto a confrontarsi a caldo con Fini, al primo piano di Montecitorio. E lesto pure ad annodarsi la cravatta, prima di piazzarsi dinanzi alle telecamere. «Da un lato - afferma il recente promotore della lettera firmata dai deputati ex An - l’incontro ha ribadito l’esistenza di due visioni diverse di partito». Dall’altro, però, «è anche emersa la volontà reciproca di dar vita a quel percorso che abbiamo auspicato negli ultimi giorni». Quindi, «se son rose fioriranno». Un po’ più conciliante il commento di Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati Pdl. L’incontro «è andato bene», assicura l’esponente un tempo di Forza Italia, e «adesso bisogna combinare insieme una concezione leaderistica del partito-movimento con quella che richiede sedi permanenti di dibattito e un serio lavoro sul territorio».
Sullo sfondo, è inevitabile, vi è la marcia di avvicinamento alle Regionali. E alla scelta, dunque, delle candidature. Un nodo che - si assicura - non è finito nel vertice di ieri: «Non si sono fatti nomi».

Sempre che sia vero, sarà solo questione di giorni.

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