Berlusconi e Frattini preoccupati. E Calderoli "piange": via un peso

La Lega: questione chiusa anche in Italia. Fini: Unione Europea a rischio paralisi

da Roma

Quando dall’Irlanda iniziano ad arrivare le prime conferme ufficiali sull’esito referendario, a Palazzo Chigi il Consiglio dei ministri è ancora in corso. A prendere la parola è Frattini, che manifesta tutta la sua «preoccupazione» per quello che secondo il ministro degli Esteri è un «grave colpo» all’integrazione europea. Di umore decisamente diverso, invece, il suo collega Calderoli. «Guarda come è dispiaciuto», gli dice ironico Berlusconi. E lui prima finge di piangere e poi trattiene a stento un sorriso. «Ci siamo evitati un bel problema... », ammette. Già, perché la Lega era pronta a presentare un provvedimento per introdurre anche nel nostro ordinamento l’istituto del referendum consultivo, così da far votare anche gli italiani sul via libera al Trattato di Lisbona. «Un referendum - ammette Napoli, vicecapogruppo del Pdl alla Camera - che avrebbe rischiato di veder vincere i no, visto che molti italiani accomunano l’integrazione europea a un maggiore impoverimento». Ma per il Carroccio, «ormai la partita è chiusa». Perché, spiega il presidente dei deputati Cota, «senza la ratifica di un solo Paese il Trattato si blocca». Se così non fosse, ripete Calderoli, «il referendum non ce lo leverebbe nessuno».
Insomma, Europa a rischio impasse. Tanto che durante il Consiglio dei ministri Berlusconi non nasconde una certa preoccupazione per il futuro dell’Ue («ora bisogna vedere che succede»), mentre il presidente della Camera Fini parla di Europa «ingovernabile» e «paralizzata». «L’Ue - spiegherà più tardi il Cavaliere ad alcuni deputati del Pdl - non può fare a meno di avere una politica estera comune». Secondo Turchi, ex eurodeputato di An, «quel che colpisce è che il no arrivi proprio dall’Irlanda, il Paese che più ha beneficiato dei finanziamenti comunitari». Per Turchi, dunque, è necessario «andare avanti con il sogno di De Gasperi», anche se è chiaro che ora «si rallenta tutto». A questo punto, però, restano «sostanzialmente due opzioni». O «rimodulare il Trattato» o «mettere fuori dall’Ue chi non lo ratifica».


Anche Veltroni non nasconde la sua preoccupazione per quello che giudica «un serissimo segnale di allarme». Ma, dice il segretario del Pd, «la destra deve chiarire la sua posizione di ambiguità. A chi dobbiamo dare retta: alla preoccupazione di Berlusconi o al giubilo di Calderoli?».

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