Milano - Se il linguaggio diretto è una virtù dei professori, Silvio Berlusconi prende sul serio il suo pomeriggio in cattedra. E davanti ai giovani della scuola politica di Roberto Formigoni le canta fin troppo chiare alle «stronzate di Prodi», a «Veltroni uscito dalle sacrestie dei partiti con un trucco da prestigiatore», «ai programmi carta straccia della sinistra», agli scalini e allo «scalone, che è anch’esso una misura insufficiente». Non nasconde di aver fatto il conto delle forze sue e del partito unico della Libertà: «Potremmo portare in piazza insieme a noi cinque milioni di persone che chiedono il ritorno al voto». Non un numero a caso, ma il risultato di un sondaggio su tremila persone scelte tra i due milioni di italiani che hanno partecipato alla manifestazione del dicembre scorso a Roma: tutti si sono detti disponibili a tornare in piazza e a portare con sé amici e conoscenti. «Mi auguro che questo governo cada e si vada a elezioni. È molto difficile che questa maggioranza non continui a fare il male dell’Italia».
Niente margini di dialogo con la sinistra («il mio portavoce Bonaiuti scherzava, mai pensato a maggioranze variabili») perché è «ostaggio della Cosa rossa, degli estremisti che condizionano persino la politica economica». I motivi di protesta non mancano: «Viviamo in una situazione di pericolo che può portare a una libertà minore. Non siamo in una vera democrazia, perché per la prima volta nella storia della Repubblica hanno messo le mani su tutte le istituzioni, dal Parlamento alla Corte costituzionale, ai sindacati, ai docenti, alla stampa e al Quirinale». Una stoccata a Ciampi («è di sinistra e condizionò la legge elettorale») e una più di attualità a Giorgio Napolitano: «Anche il capo dello Stato, persona perbene e simpatica, è di sinistra. Mancano i contrappesi, non ci sono poteri a cui possiamo rivolgerci». Pensa forse alle dimissioni di Vincenzo Visco, il viceministro sotto accusa per le pressioni sulla Guardia di finanza? L’ex premier preferisce non personalizzare: «Non entro in queste cose. Non vado mai contro gli uomini, casomai faccio delle critiche alle politiche e a alle idee».
Nel futuro della Cdl vede il Partito unico della libertà e Michela Vittoria Brambilla: «I Circoli della libertà possono esserne l’avanguardia, la signora Brambilla è una vera caterpillar capace di una grande forza e di lavorare senza sosta. In pochi mesi ha messo su una televisione e un giornale». È critico con l’Udc, che ha ostacolato il suo governo e la nascita della federazione della Cdl. Invita i giovani di Forza Italia a «non fare politica come unico mestiere», a non puntare tutto su un’attività che può finire «e se vi abbandona, si resta spostati come capiterebbe a tutti gli esponenti di sinistra». Invece noi «vorremmo avere esponenti della vita vera che diventano politici di servizio e non mestieranti della politica». Parole che non rassicurano tutti.
Accusa il governo «di aver persino abdicato all’uso legale della forza: le minoranze bloccano servizi e opere pubbliche. Torna sull’argomento Veltroni per sottolineare che l’operazione di salvataggio della sinistra è impossibile: «Potrebbe andare lì anche un Kakà della politica e anche lui si troverebbe sempre davanti la situazione di Prodi e cioè sarebbe costretto a dire sempre sì alla sinistra estrema». Inutile precisare che il paragone tra Veltroni e Kakà per lui non esiste nemmeno.
I toni sono allegri, informali, coloriti, tra barzellette e qualche parola osé, come quando parla della sfida tv prima delle elezioni con Prodi per dire: «Avevo solo due minuti e mezzo anche per rispondere alle sue stronzate...». Concetto senza equivoci.
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