RomaNel giorno in cui inizia a posarsi la polvere delle polemiche sul fuori onda di Gianfranco Fini, nessuno nel Pdl si illude davvero che una tregua tra Silvio Berlusconi e il presidente della Camera possa essere a portata di mano. Non tanto perché i due non hanno ancora avuto modo di sentirsi - Fini ha avuto un fugace contatto telefonico ormai 48 ore fa solo con Gianni Letta - quanto perché il loro rapporto pare irrimediabilmente compromesso, soprattutto dopo quelle immagini in cui lex leader di An ironizza sul premier con toni piuttosto colloquiali. Immagini, commentava in privato Berlusconi mercoledì sera, che «si commentano da sole».
Ma non è tanto per questo che il Cavaliere decide di abbassare i toni fin dalla prima mattina, quanto perché i prossimi giorni rischiano di essere determinanti sul fronte giustizia con la deposizione di Gaspare Spatuzza, il voto su Nicola Cosentino e i provvedimenti in Parlamento su processo breve e legittimo impedimento. Tutte partite nelle quali è bene che il Pdl sia compatto. Così, è una nota di Palazzo Chigi a smentire categoricamente i resoconti dei giornali che descrivono il premier irritato con Fini. «Frasi - si legge nel comunicato - mai pronunciate e inventate di sana pianta». Una presa di distanza che arriva dopo due giorni di polemiche e che ha dalla sua il fatto che Berlusconi non ha ancora preso nessuna posizione pubblica sulla vicenda. Almeno fino al pomeriggio, quando dice per la prima volta la sua: tra i leader del Pdl «non cè nessuna competizione». Acqua sul fuoco, dunque. Anche se con il contagocce, visto che il premier non si spinge a dire che non cè nessun attrito. E che tra i due non ci sia competizione, chiosa un ministro vicino al Cavaliere, «è piuttosto scontato».
Alle parole del premier, però, fa seguito il silenzio dellartiglieria pesante. Non una critica allex leader di An, se non lappunto che arriva da Osvaldo Napoli. «Oggi esiste il problema di un presidente della Camera costretto ad un equilibrio fra il dovere di terzietà istituzionale e la smania della lotta politica». Per il resto cè solo la consueta querelle innescata da FareFuturo, la fondazione presieduta da Fini, che descrive il Cavaliere come «un leader impaurito e tormentato dai fantasmi» che non chiarisce il suo rapporto con Umberto Bossi e il Pdl «un partito senza un minimo di identità». Con replica del pidiellino Giorgio Stracquadanio che invita FareFuturo a «smetterla con i piagnistei e i complessi di inferiorità».
Poche ore di faticosa tregua, in attesa della deposizione di oggi del pentito Spatuzza - che accusa Berlusconi di essere il mandante delle stragi di mafia del 92 e 93 - e di un avviso di garanzia per mafia che molti a Palazzo Chigi danno per imminente. Il nodo, insomma, resta la giustizia. E rientra nella partita anche la vicenda di Nicola Cosentino, il sottosegretario allEconomia accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il 10 dicembre, infatti, la Camera voterà sia la richiesta darresto che quella di dimissioni. E il premier vuole evitare qualsiasi incertezza - i finiani non hanno nascosto nei giorni scorsi le loro perplessità - perché un passo falso in Aula su questa materia rischierebbe di far implodere il Pdl. Non è un caso che i capigruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto e Italo Bocchino abbiano consegnato nella casella di tutti i deputati una lettera eloquente: al di là delle recenti posizioni personali, bisogna votare contro le richieste di arresto e dimissioni.
Il Pdl - altro motivo del cessate il fuoco - potrebbe affiancare al ddl sul processo breve in esame al Senato la proposta di legge sul legittimo impedimento a firma Enrico Costa e Matteo Brigandì. Il testo è in commissione Giustizia alla Camera e dovrebbe viaggiare su una corsia preferenziale per avere entro Natale il via libera della Camera.
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