Roma - Sono passati ormai 17 anni dal discorso della «discesa in campo» ma poco sembra essere cambiato. Era il 26 gennaio del 1994 e Silvio Berlusconi in un messaggio registrato recapitato in Vhs a tutti i tg italiani annunciava di essere pronto ad entrare in politica per opporsi alla sinistra, «non vivere in un Paese illiberale» e «governato da forze immature». Anno 1994. Passato quasi un ventennio, il Cavaliere non cambia di molto obiettivo. E intervenendo telefonicamente alla trasmissione Kalispera di Alfonso Signorini ribadisce il concetto. «Hanno sperato che bastasse cambiare il nome del partito per cancellare il passato», dice riferendosi all’ex Pci. E ancora: «Hanno cambiato il nome più volte ma il trucco non ha funzionato. Sono rimasti gli stessi di prima, con gli stessi pregiudizi e lo stesso modo di fare politica. È vero, si sono imborghesiti, indossano capi firmati, scarpe fatte su misura, pasteggiano a caviale e champagne».
Un Silvio Berlusconi decisamente all’attacco, dunque. Che ripropone - seppure con termini diversi - quell’assioma che qualche anno fa ripeteva spesso: Pci-Pds-Ds. E oggi Pd. Erano giorni di campagna elettorale e chissà che il ritornare su quei temi non stia lì a presagire che anche il Cavaliere - per quanto restio alle urne anticipate - non tema davvero che l’ipotesi di tornare alle elezioni a breve (ormai non più marzo ma maggio) resti sempre l’ipotesi più gettonata.
Ma il premier è ancora più netto. E davanti a Signorini che gli mostra una foto di Massimo D’Alema in vacanza con la moglie a Saint Moritz replica senza tentennamenti: «Non è un cachemire che può cambiare il cervello e il cuore della gente. I nostri post-comunisti fanno finta di avere abitato su Marte e dicono anche di non essere mai stati comunisti, ma non hanno mai fatto i conti con il loro passato e con gli orrori di una ideologia spaventosa». Torna, insomma, il «pericolo rosso». Anche perché, aggiunge, «ricordiamo sempre che è stata l’ideologia più disumana e criminale della storia dell’uomo che ha prodotto solo miseria e disperazione e più di 100 milioni di morti».
E ancora: in Italia «i comunisti esistono eccome» e continuano a fare ciò che hanno sempre fatto. Traduzione: «Mistificano la realtà, demonizzano l’avversario, cercando di farlo fuori, come fanno con me, utilizzando i magistrati a loro vicini, perché mi considerano un ostacolo da eliminare assolutamente per arrivare al potere».
Un Cavaliere all’arrembaggio dunque. Convinto comunque l’obiettivo non sarà raggiunto. Non tanto perché, come osserva Signorini «con il ciuffolo» che il premier glielo dà, quanto perché - dice Berlusconi - sono gli italiani che per fortuna «non si riconoscono in questa sinistra».
Insomma, il cambio del nome e l’imborghesimento di D’Alema ma anche di Santoro («veste Armani», dice Signorini) e Beppe Grillo sono solo operazioni di trasformismo. «I comunisti italiani - affonda Berlusconi - hanno pensato che bastasse cambiare il nome del partito per cancellare il passato. Hanno cambiato il nome più volte ma il trucco non ha funzionato perché sono sempre gli stessi, con gli stessi pregiudizi, con lo stesso modo di fare politica».
Una differenza? Sì, una c’è. «È che una volta - conclude il Cavaliere - andavano nelle case del popolo, adesso frequentano i salotti più chic».
Poi, una digressione sulle indiscrezioni pubblicate ieri dal sito Dagospia. Rapporti con una donna di sinistra? «Mai! Posso giurarlo!», ribatte Berlusconi. Che su Veronica Lario, diventata secondo molti un’icona della sinistra, preferisce glissare: «Su questo argomento mi astengo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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