da Roma
Sul tavolo di Silvio Berlusconi in queste ore c’è solo la pratica Alitalia. Se ne parla a lungo in mattinata, quando durante il Consiglio dei ministri è Gianni Letta a illustrare lo stato dell’arte della trattativa. E per tutto il pomeriggio il premier non fa che consultarsi con molti dei 18 soci della Cai. Il pressing del Cavaliere, infatti, è a tutto campo: verso Roberto Colaninno e compagni, ma - affidato ai buoni uffici di Letta - anche verso la Cgil che auspica possa alla fine fare «una scelta di responsabilità». E le parole di Walter Veltroni e Massimo D’Alema - che vedono ancora «uno spiraglio» - a Palazzo Chigi lasciano ben sperare. Tanto che a sera, partecipando a una cena del Ppe, il Cavaliere sceglie la via della cautela verso il segretario del Pd e preferisce non commentare le sue critiche al governo sulla gestione della vicenda Alitalia, smorzando le polemiche: «Sono sereno - ha confidato a fine serata -, come chi sa di aver fatto il proprio dovere».
Berlusconi, dunque, decide di occuparsi della questione in prima persona, soprattutto sul fronte Cai, visto che con molti dei soci ha rapporti personali di lunga data. Anche per questo il cerimoniale di Palazzo Chigi sta lavorando a una decisa riduzione della trasferta statunitense prevista per la prossima settimana, quando il premier dovrebbe partecipare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Dovrebbe, perché anche se i molti bilaterali in programma sono stati già concentrati in sole 48 ore (invece che quattro giorni), ieri sera fonti della Farnesina davano la presenza di Berlusconi a New York «fortemente a rischio» (dieci possibilità su cento). Insomma, dopo l’inaspettata impasse di giovedì il premier vuole seguire da vicino ogni sviluppo perché «la situazione è molto difficile e i protagonisti non hanno capito quale responsabilità si sono assunti».
L’unica soluzione possibile, infatti, resta quella di riaprire il tavolo con la Cai. Anche perché altri offerenti non ce ne sono. Lo dice chiaramente Letta durante il Consiglio dei ministri, sventolando le lettere con cui Air France, British Airways e Lufthansa spiegano di non essere interessate. Di nazionalizzazione, invece, neanche a parlarne come spiega il ministro dell’Economia Giulio Tremonti: «È un’ipotesi assurda». E poi, dice più tardi il commissario europeo ai Trasporti Antonio Tajani, «si incapperebbe nei vincoli dell’Ue».
E se con Cai si sta spendendo in prima persona il premier - non troppo soddisfatto da come il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha seguito la trattativa -, sul fronte sindacale continua a lavorare senza sosta Letta. Certo, sia in pubblico che in privato Berlusconi non lesina critiche verso Guglielmo Epifani, che se dal punto di vista dell’opinione pubblica gli sta dando una grossa mano (i primi sondaggi dicono che gli italiani attribuiscono proprio ai sindacati la responsabilità di un eventuale fallimento) sotto il profilo del sistema economico-produttivo sta invece rischiando di distruggere il ruolo del sindacato. Per dirla con le parole del segretario del Pri Francesco Nucara, «la Cgil di Lama era in grado di orientare la classe operaia, quella di Epifani non riesce nemmeno a riportare i piloti alla realtà».
Ma a parte le convinzioni profonde del Cavaliere, l’opera di mediazione sta continuando anche in queste ore se il vicepresidente dei deputati del Pdl Osvaldo Napoli arriva a dire che «il negoziato non è del tutto sepolto» perché «Epifani può ancora decidere di farlo decollare». Alla Cai, infatti, sarebbe probabilmente sufficiente il via libera della Cgil per ritornare in gioco. E in questo senso, un altro segnale che lascia ancora aperto uno spiraglio è la decisione dell’Anpav (gli assistenti di volo) di sottoscrivere l’accordo quadro. Un’iniziativa subito sottolineata da Sacconi che parla di gesto «significativo» che rappresenta la «responsabile presa d’atto di una situazione altrimenti senza sbocchi se non quello tragico del fallimento».
Sul punto, infatti, la posizione del governo resta netta: o la Cai oppure i libri in tribunale, ma nessuna exit strategy. Una linea di intransigenza che ha l’obiettivo di far tornare sui propri passi Anpac e Cgil. Anche se basterebbe solo quest’ultima per spaccare il fronte sindacale e chiudere la partita lasciando i piloti «a terra».
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