Sì, però non importa. Con Fini siamo alla fine, e meno male. Cosentino si è dimesso dopo un bel batti e ribatti, altrimenti sai che putiferio. Le intercettazioni, poi, quelle devono essere ancora intercettate da una legge e perciò si litigherà per tutta l’estate, se va bene. Però Berlusconi rimane Berlusconi. Lui canta. Arriva Charles Aznavour e, figurarsi, è impossibile resistere. Il Parlamento frigge e il governo sta così così, ma lui non resiste e canta. Potesse, se la canterebbe sempre da solo. Non potendo sempre, stavolta lo farà probabilmente con Aznavour detto sinatraniamente «Aznavoice », che stasera si esibisce al livello del mare in piazza San Marco a Venezia e lunedì salirà in quota, sulle terrazze del Duomo di Milano, proprio lì sotto la Madonnina che trema anch’essa perché bisogna restaurare la Guglia maggiore che la sorregge.
Le voci si rincorrono: duetto sì, duetto no, duetto vedremo. In ogni caso, Aznavour è uno dei suoi preferiti, l’ultimo dei grandi chansonnier francesi, quelli originali, mica impegnati come Charles Trenet o impegnati e un po’ contestatori come Serge Gainsbourg, quello che, sdraiato su di un letto con la figlia Charlotte, santificava addirittura l’incesto. Ma va, non questa roba qui. Aznavour canta l’amore, magari non quello vero, sicuramente quello sognato. E Berlusconi, come tutti quelli della sua generazione ma non solo quelli, ci è cresciuto con quell’amore lì, lo ha cantato in crociera ai bei tempi, lo canta tuttora in quelle cene che l’onorevole Ravetto, una piemontese più paolocontiana che altro, riassume con uno sbrigativo e poco maudit «a mezzanotte tutti a casa». L’altro giorno, nella sua villa provenzale che ha battezzato L’Aigo Claro (L’acqua chiara), Aznavour ha spiegato che sì, lui ha appena compiuto 86 anni e i giovani che vanno avanti a Red Bull e Black Eyed Peas mica lo hanno mai sentito nominare. Però, quando si innamorano davvero, «gli piacciono subito le mie canzoni ».
E ci mancherebbe: parlano di amore senza nominare il sesso ma sono più sensuali di un filmaccio su Youporn. com. Le puoi canticchiare anche facendotila barba ma è come se avessero sempre addosso lo smoking. Come se fosse sempre festa. Insomma la Pdl trema, qualcuno trama e Giovannino Guareschi godrebbe come un matto a ricamarci su. Però Berlusconi rimane Berlusconi. E lunedì sera, dopo esserselo perso all’Auditorium di Roma a novembre, se lo vedrà a due passi sul tetto del Duomo. E lo ascolterà tornando indietro nel tempo. Magari duetterà anche. Un brano a scelta, tanto il repertorio è infinito. Aznavour, che l’altro giorno ha detto pari pari «tutti criticano Berlusconi ma, se la gente lo vota, vuol dire che gli crede», gli rimprovera solo una cosa: «Dicono che gli piaccia più Trenet di me». Ma era un vezzo, signori. Una piccola ripicca scherzosa.
In realtà il Berlusconi di oggi, annoiato dal teatrino che gli gira intorno, forse ha bisogno di un po’ di Aznavour per ripigliarsi. In fondo è sempre stato così. Litigi a Palazzo Chigi e poi cena con Apicella. Visioni e riforme e café chantant . E il Berlusconi bipartisan cammina sempre sulla vie en rose (ah, Edith Piaf!, tra l’altro scoprì Aznavour) proprio grazie a questa miscela, lo statista e il musicofilo, il premier che non si trattiene e corre ad applaudire Aznavour vada come vada. Inconsueto, certo, specialmente mentre il governo traballa che è un piacere (per qualcuno). E coraggioso, forse. Di sicuro sincero, e vabbè. In fondo anche il presidente Obama ha detto che, dopotutto, Berlusconi è uno dei pochi davvero divertenti tra tutti i politici che gli tocca incontrare e chissenefrega di quell’ «abbronzato » sul quale qui da noi hanno pontificato tutti neanche fosse stato chissà che.
Perciò preparatevi: il Berlusconi da «Aznavoice» sembra fatto apposta per scatenare il bailamme, il pissi pissi bau bau, il ditino alzato di chi non aspetta altro.
E in effetti non c’è niente di meglio: un premier che, con la Finanziaria ancora in ballo e spizzicata qui e là; con la P3 che vorrebbe ricordare i tempi incasinati in cui Der Spiegel metteva in copertina la P38 ma sembra solo un mp3 scaricato male; con il Cesare che sa tanto di Cesaroni; con il Verdini che in tv fa le facce come Verdone, un premier, insomma, che si gode un concerto dell’ultimo dei grandi chansonnier è in qualche modo la fotografia di un tempo in cui a Flaiano si sostituisce Bennato. E, stanchi di una situazione drammatica ma non seria, si preferisce sperare che, in fondo, siano solo canzonette.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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