Roma - «Vedrai Umberto, entro fine anno qualcosa succederà... stanno implodendo». Lunedì scorso era quasi mezzanotte quando durante la consueta cena di Arcore Silvio Berlusconi non ha fatto mistero di guardare ai prossimi mesi con un certo ottimismo. Perché, è stato il ragionamento del Cavaliere ripetuto nei giorni successivi e ancora ieri con i suoi più stretti collaboratori, il fatto che Lamberto Dini abbia deciso di fare un passo avanti significa che «qualcosa si è messo in moto». Circostanza confermata dall’insofferenza mostrata negli ultimi giorni pure da Clemente Mastella e dall’esito del vertice di maggioranza sulla Finanziaria.
Non è un caso che da sabato scorso - quando fu intercettato da alcuni cronisti sotto Palazzo Grazioli - il leader di Forza Italia abbia deciso di chiudersi in un cauto silenzio, tanto da rinunciare pure alla visita alla comunità Incontro di Don Gelmini in occasione del ventottesimo anniversario della fondazione, appuntamento in programma per ieri e già in agenda da alcune settimane. Una circostanza, spiega un azzurro che lo conosce dai tempi della Fininvest, niente affatto casuale. Berlusconi, infatti, è convinto che non sia più il momento di alzare i toni della polemica e preferisce «studiare le prossime mosse» in attesa che arrivi «il momento giusto per affondare il colpo». Perché, dice il portavoce del Cavaliere Paolo Bonaiuti, «il centrosinistra è diviso, lacerato e allo sbando totale» e c’è da chiedersi «come possano andare avanti così».
Secondo il leader di Forza Italia - che nonostante la scelta del silenzio sta seguendo gli eventi passo passo - bisogna quindi farsi «trovare pronti» perché «la situazione può precipitare da un giorno all’altro». Insomma, vanno «serrate le fila». Una strategia che segue un doppio binario. Da una parte, infatti, secondo Berlusconi è necessario attendere «l’implosione» di una maggioranza «ormai alla frutta» senza smuovere troppo le acque. Come ha detto l’altro ieri a un parlamentare leghista, «se parlo io, non faccio altro che ricompattarli». D’altra, però, l’ex premier è deciso ad andare avanti con il processo di ricomposizione del centrodestra. Che resta ancora lungo e passa per tre snodi decisivi: la Federazione su cui ancora ieri hanno lavorato Bondi e Cicchitto alle prese con una serie di incontri, il rilancio dell’Officina e la manifestazione del 2 dicembre che il Cavaliere - nonostante il «no» dell’Udc - spera ancora possa essere unitaria.
Ed è proprio l’approccio avuto ieri sulla San Giovanni bis a confermare che a Palazzo Grazioli l’aria è cambiata. Perché se il Cavaliere ha alzato il telefono e chiamato Lorenzo Cesa per sondarne la disponibilità («non faremo nessuna manifestazione», ha però risposto il segretario dell’Udc) ha pure frenato i suoi sul via libera all’organizzazione. Perché, sono state le sue parole, «una manifestazione il 2 dicembre potrebbe anche essere inutile... ». Come a dire che il governo potrebbe essere già andato a casa. E in quel caso, Forza Italia non avrà alcuna esitazione a salire al Quirinale e chiedere a gran voce le elezioni. «Sappiamo che Napolitano non vuole - spiega uno dei dirigenti più ascoltati dal Cavaliere - ma a quel punto non esiteremo ad alzare un polverone e invadere le piazze. Ragion per cui, la data del 2 dicembre potrebbe comunque tornare utile». Su questo Berlusconi è stato chiaro.
Ma il Cavaliere spinge anche sull’Officina, il think tank dove elaborare il futuro programma di governo. E ha chiesto a Aldo Brancher di organizzare per la prossima settimana un vertice con i leader del centrodestra - compreso Pier Ferdinando Casini - per «lanciare ufficialmente» il pensatoio. Sulla Federazione, invece, continuano a lavorare i vertici di Forza Italia.
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