Politica

Berlusconi: «Con Rcs non c’entro niente»

Gian Battista Bozzo

da Roma

La temperatura sul «caso Corriere» sta salendo ben oltre le medie stagionali, le parole dette e non dette sui giornali varcano i cancelli di villa La Certosa, a Porto Rotondo. La polemica si fa di ora in ora più velenosa, tanto da indurre Silvio Berlusconi a una decisa smentita rispetto al tam tam politico-mediatico che lo indica come uno dei raider di via Solferino. «Mi sembra impossibile che si cerchi di costruire sul nulla un castello di fantasie e di menzogne come quello che si vede in questi giorni sui quotidiani, a proposito di una presunta, del tutto inesistente mia partecipazione a una scalata a Rcs», afferma in una nota scritta un presidente del Consiglio evidentemente irritato dalla piega che sta prendendo la questione.
Più o meno apertamente, nel centrosinistra ma anche nell’establishment, si dice che il premier sia parte del complotto teso e metter le mani sul «Corrierone». Una teoria che, però, fa a pugni con le norme in vigore. Il ministro delle Comunicazioni Mario Landolfi ricorda infatti che la legge Gasparri vieta a Berlusconi, così come a tutti gli altri detentori di quote del mercato televisivo, di entrare nel mercato della carta stampata, almeno sino all’anno 2010. «Capisco l’amarezza e la sorpresa del presidente del Consiglio - osserva Landolfi - nel vedersi attribuire intenzioni che non ha. Al suo posto mi sarei limitato a ricordare che un’eventuale scalata, diretta o indiretta, gli starebbe stata impedita da una legge dello Stato, la 112 del 2004, meglio nota come legge Gasparri». Proprio quella legge, ricorda ancora il ministro di An, che l’opposizione aveva definito fatta «su misura» per gli interessi del Cavaliere.
Gli accusatori di Berlusconi avevano tratto tratto ulteriori spunti polemici da un’intervista di Aldo Livolsi allo stesso Corriere della sera, in cui il banchiere d’affari confermava un progetto di Stefano Ricucci ed altri imprenditori, anche stranieri, intorno alla Rcs. Livolsi è il manager che portò Mediaset alla quotazione in Borsa: fin troppo facile, per molti commentatori, fare «due più due». Ma nella nota diramata da palazzo Chigi, Berlusconi replica anche a tali sospetti: «Altrettanto impossibile mi sembra che si cerchi di assumere come indizio di una mia partecipazione (alla scalata, ndr) la presenza di un banchiere d’affari come Livolsi, che lavorò un tempo con me, ma che oggi lavora per se e la sua banca d’affari», dice. Quindi, un affondo polemico: «So bene che la professionalità dei giornalisti è in grado di discernere tra verità e fantasia, e perciò viene legittimo chiedersi: chi, e perché, ha organizzato e sta organizzando tutto questo»?
Lo stesso Livolsi, del resto, aveva smentito nell’intervista qualsiasi interesse del presidente del Consiglio all’«operazione Corriere»: «Faccio il mio mestiere di banchiere d’affari, Berlusconi non c’entra». Ma il polverone si è sollevato egualmente, sommandosi alle altre velenose vicende finanziarie che stanno caratterizzando questa torrida estate: una «lotta senza esclusione di colpi, che fra grave danno al sistema Italia, che non può uscire certo rafforzato da questo tritacarne mediatico in cui vengono coinvolte anche le istituzioni», nella visione del ministro Udc Carlo Giovanardi. Ma è anche evidente che, all’avvicinarsi delle elezioni politiche del 2006, la contesa si sta facendo sempre più dura. A questo pensa probabilmente Berlusconi, quando conclude che «gli italiani hanno buon senso, e sanno distinguere tra chi vive di intolleranza, di invidia e di odio pescando nel torbido, e chi invece è capace di conservare sempre e comunque la sua serenità e il suo equilibrio». Ed alla smentita del premier crede, evidentemente, anche il mercato se è vero che dopo la dichiarazione di Berlusconi la corsa del titolo Rcs in Borsa ha rallentato. La maggioranza è solidale col premier. «Stiamo assistendo al più incredibile dei processi alle intenzioni - dice il capogruppo dell’Udc alla Camera Luca Volontè - e mi chiedo quale siano le vere intenzioni del centrosinistra, e quali i sancta sanctorum che debbono essere comunque tutelati, anche a prescindere dalle regole di mercato». Per il ministro socialista Stefano Caldoro, il presidente del Consiglio «ha risposto con tempestività e chiarezza a chi chiedeva chiarimenti», mentre Roberto Calderoli quasi si rammarica che Berlusconi sia estraneo al tentativo di blitz sul Corriere: «Se lo avesse fatto - commenta il ministro leghista delle Riforme - sarei stato contento: dietro un giornale che di fatto stabilisce la linea politico di tutto - spiega - è meglio un Berlusconi piuttosto che un certo mondo imprenditoriale...

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