Berlusconi reagisce: in tribunale «Repubblica» e i suoi «fratelli»

Silvio Berlusconi va al contrattacco, e partono querele per Repubblica e richieste di risarcimento danni per un numero, ancora imprecisato, di giornali stranieri che abbiano esagerato negli attacchi. Nel mirino del premier, come ha spiegato il suo avvocato Niccolò Ghedini, c’è la campagna di stampa sollevata contro di lui negli ultimi mesi dal quotidiano diretto da Ezio Mauro, e in particolare le dieci domande su Noemi e sulle serate a Palazzo Grazioli, ripubblicate da Repubblica quasi ogni giorno da mesi. Niente querele oltreconfine, invece. Solo azioni civili. «Abbiamo dato mandato - spiega Ghedini - a studi legali nei Paesi dove vengono editi alcuni giornali di verificare se c’è la possibilità di compiere azioni civilistiche nei confronti di chi è andato al di là del normale diritto di cronaca o di critica». Tra gli «eccessi» dei media stranieri, secondo il legale, è «emblematico il caso del Nouvel Observateur», che in un pezzo titolato «Sesso, bugie e potere», oltre a ipotizzare infiltrazioni della mafia russa, tirò fuori la storia dell’«inesistente» registrazione di una conversazione a sfondo sessuale tra i ministri Mariastella Gelmini e Mara Carfagna. «Quell’intercettazione non esisteva, e quello non è un caso di critica politica, ma di contumelia», spiega secco Ghedini. Ma le azioni civili coinvolgeranno anche altri giornali francesi, oltre a media spagnoli (come El Pais, per le foto di Villa Certosa pubblicate) e inglesi: tra questi ultimi ci sarebbero il Daily Telegraph e il Guardian, che però non commentano la notizia.
Molti di questi giornali, peraltro, sono citati in un altro pezzo per cui Repubblica viene portata in giudizio dal premier. Un articolo pubblicato lo scorso 6 agosto («Berlusconi ormai ricattabile: media stranieri all’attacco») in cui si dava conto di numerosi articoli della stampa internazionale «dedicati» a Berlusconi, e tra questi proprio quello del Nouvel Observateur. Nel gioco di sponda tra estero e Italia, però, al presidente de Consiglio e ai suoi legali non va giù soprattutto la campagna del quotidiano del gruppo L’Espresso, al quale si chiede un risarcimento di un milione di euro. Le dieci domande, secondo gli avvocati di Berlusconi, sono «palesemente diffamatorie» proprio perché «retoriche», quesiti che dunque «non mirano a ottenere una risposta dal destinatario», ma solamente a «insinuare nel lettore l’idea che la persona “interrogata” si rifiuti di rispondere». E inoltre, scrivono ancora i legali del premier, «il lettore è indotto a pensare che la proposizione formulata non sia interrogativa bensì affermativa, ed è spinto a recepire come circostanze vere realtà, di fatto, inesistenti». Duro il giudizio di Ghedini, secondo il quale la campagna di Repubblica contro il premier è «intollerabile», anche se «un uomo politico dev’essere criticato anche aspramente», perché «getta discredito sull’Italia intera, perché tutti i giornali stranieri poi riprendono le offese come se fossero vere».
Ma la mossa di Berlusconi solleva un furioso vespaio di polemiche. Repubblica replica con l’editoriale del suo direttore. Ezio Mauro scrive che è «la prima volta nella memoria di un Paese libero che un uomo politico fa causa alle domande che gli vengono rivolte», e poi si spinge a insinuare che «il capo del governo chiede alla magistratura di bloccare l’accertamento della verità». Per l’ordine dei giornalisti la querela è motivo di «apprensione e allarme», e l’opposizione si schiera in toto con il quotidiano fondato da Scalfari. L’azione legale è «sconsiderata» secondo il candidato alla segreteria del Pd Pier Luigi Bersani, mentre il segretario democratico Dario Franceschini (dopo aver istantaneamente sottoscritto online l’appello per la libertà di stampa firmato su repubblica.it dai giuristi Franco Cordero, Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky) spara più alto, e parla di «intimidazione nei confronti di un singolo giornale, dell’opposizione e di chiunque difenda i principi di un Paese libero». Una più sobria «solidarietà e vicinanza» viene espressa dall’altro candidato alla leadership piddina, Ignazio Marino.


Posizione diametralmente opposta per il vicecapogruppo del Pdl a Montecitorio, Osvaldo Napoli, che contesta l’affermazione di Mauro secondo cui la querela è un tentativo di «insabbiare»: «Davvero Mauro ritiene che in Italia la magistratura non abbia reati di una qualche importanza da perseguire, al punto da potersi trastullare guardando dal buco della serratura di Villa Certosa o di una qualsiasi casa di un qualsiasi privato cittadino? La verità è più semplice di come Mauro non voglia vedere: lui e il suo quotidiano stanno avvelenando i pozzi della vita civile e hanno introdotto elementi di barbarie nella lotta politica in Italia che sta vivendo la sua stagione più infima e umiliante».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica